sabato 6 febbraio 2016

Recensione: La sarta di Dachau


Buon pomeriggio lettori e bentornati nella rubrica dell’ #amicaCE.
Oggi vi propongo un libro diverso dal solito. Oggi non si parlerà di cuori, unicorni e farfalle.
Si parlerà di battaglie. Di guerre. Di amori e di storia. Una storia che ha lasciato piaghe e ferite che devono ancora rimarginarsi.
Oggi si parla della memoria.



Voto copertina:


“Avete mai avuto così tanto bisogno di vita da sconfiggere la morte per averla?”


Nella Londra del 1939 tutto andava per il meglio. 
Ada Vaughan non è una ragazza come tante, cerca di risaltare per la sua bellezza: acconcia i suoi capelli al mattino nonostante l’acqua scarseggi, si infila le sue scarpe con i tacchi nonostante la mamma glielo vieti e si colora le labbra di rosso nonostante l’epoca non lo permettesse. Ada vuole sfoggiare il suo corpo, se stessa. Non in modo volgare, ma vuole avere quel di più che tutte le ragazze della sua età non possono avere.
Ada è una sarta, o meglio... aspirante sarta. Il suo sogno è aprire una boutique come la famosa Coco Chanel, Ada sa che presto o tardi anche lei avrà la sua possibilità.
Non si è mai innamorata nella sua timida età dei diciott’anni, passa il suo tempo a lezione di dizione e a fare la commessa nella boutique della signora B. che le lascia modificare un abito di tanto in tanto. Ada ama cucire, ama creare dei modelli tutti personalizzati, la sua arma più spietata è l’ago.
Quando un giorno di pioggia incontra Stanislaus, non sapeva ancora che la sua vita sarebbe cambiata drasticamente.
Stanislaus è un conte, un rampollo straniero che decanta ad Ada tutte le sue lodi. La corteggia in una maniera impeccabile, tutti si sarebbero innamorati al suo passaggio e di certo non manca di farlo anche Ada. Le passeggiate in centro, i picnic al parco ma soprattutto i cocktail nei pub più facoltosi fanno gola ad Ada che nasconde una famiglia povera, una famiglia che farebbe ribrezzo a Stanislaus, che è abituato a nuotare nell’oro.
Tutto cambia.
Tutto cambia quando il ragazzo le propone di fuggire a Parigi. Ma la guerra stava arrivando... ma ad Ada non importa. Lei è innamorata. Con lei c’è il suo unico amore.
Con lei c’era un truffatore.
I giorni a Parigi si rivelano romantici, pieni di una vita che Ada non avrebbe avuto mai. Tutto s’incrina quando i tedeschi annunciano la guerra. Nelle vie di Parigi c’è un fuggi fuggi generale, bombe scagliate e panico in ogni dove. Ada ha paura, Stanislaus è furioso. Non può lasciare la nazione e la povera e innocente Ada lo segue anche in quel momento.
Si susseguono vicende in cui lei non avrebbe mai pensato di finire. Il Belgio. Namur. L’amore con Stanislaus. La violenza. L’abbandono.
Un giorno Ada si sveglia da sola, Stanislaus non c’è più e da lì è il principio della fine.
La vita di Ada cambia.
Le scelte che farà la porteranno a guardare la vita da una prospettiva diversa. La guerra è la ferita più atroce che un uomo potrebbe scagliare su di un altro.
Privazioni, desolazione, castigo, punizioni e morte. Tutto aleggia nel cielo che Ada vorrebbe tanto rivedere.
La sarta di Dachau la chiamano, la sarta che non si è data mai per vita, la sarta che ha visto passare un pezzo della storia molto importante da sotto gli occhi, vivendolo in prima persona, sopravvivendo, credendoci.
Ma non crediate che la fine della guerra porti la fine del problema, delle privazioni.
La vita risentita di Ada Vaughan non è più la stessa che aveva lasciato, prima o poi dovrà fare i conti con la realtà. Con se stessa. Chi ne pagherà il prezzo più salato? 


Non so dire perché il tema della seconda guerra mondiale mi affascini così tanto.
Probabilmente perché ho sempre voglia di scoprire i retroscena, perché ho sempre voluto creare quella differenza, prendere parte all’aiuto che veniva dato a quelle povere persone. Però non so se avrei avuto la forza di sopportare tutto quell’orrore.
La sarta di Dachau” è stata una sorpresa. Credevo di leggere di una ragazza nei lager, ma non è andata così.
La storia di Ada Vaughan mi ha preso fin dalle prime pagine. Ada è una ragazzina di diciott’anni che vuole primeggiare, sfruttando la sua abilità nel creare abiti all’ultima moda e ammettiamolo, questo l’ha salvata. Ma quello che Ada nel libro è: forza, volontà e voglia di crederci.
Il suo modo fragile di innamorarsi di Stanislaus mi ha fatto incavolare. Di certo il libro segue la corrente dell’epoca, dove ci s’innamorava più facilmente. Si credeva agli uomini che ti offrivano una vita che la maggior parte delle persone di certo non poteva permettersi. Ma Ada s’innamora sul niente, su delle fantasie. Su di un uomo che non si è mai interessato alla sua vita privata, che non le ha mai raccontato niente della sua. Insomma, i soldi hanno mosso tutto. Come, haimè, alcune volte capita ancora ai nostri tempo.
Devo ammettere che Ada ha sempre avuto la realtà sotto gli occhi, il suo negare lo scoppio imminente della guerra fa quasi rabbia. Se n’è infischiata, ci ha provato.
Solo quando Stanislaus è cambiato, è diventato violento nei fatti e nelle parole, se n’è accorta anche lei e si è ritrovata sola, a combattere una guerra ignota.
A Dachau ha scoperto la violenza carnale, ha scoperto la pazzia, ha scoperto cosa significava realmente la guerra. Vive di tutto, la perdita e la fatica. Qui la sua abilità la salva, le da forza.
Confeziona abiti per i tedeschi, arrivando a cucire anche l’abito per Eva Braun, la famigerata amante del Fuhrer. Ma lei non lo sapeva, lei ignorava tutto.
Il libro continua anche dopo la guerra, ci fa conoscere una Londra devastata, ci fa conoscere il risentimento e la ribellione.
La vita di Ada crolla ancora più in basso, nelle sue vene scorre rabbia e vendetta.
Si immerge in un giro di prostituzione e mercato nero, tutto per ottenere il suo sogno di essere una stilista importante, una che tutte avrebbero voluto conoscere e possedere un suo vestito. Ma Ada ha vissuto e continua a vivere su delle fantasie.
Fino a quando dopo sette anni non ritrova il suo amore turbolento e lì conosce la verità. La sua vendetta è servita su un piatto d’argento e così la ottiene ma trovandosi nuovamente alla strette. Ma questo dovete scoprirlo voi.


Il libro mi è piaciuto molto, non è crudo e può essere visto come una storia normale all’esterno. Racconta gli anni della guerra, indubbiamente, ma tutti arricchiti di amore, speranza e voglia di farcela.
Il finale è stato perfetto. L’ho trovato struggente al punto giusto e non leggevo un finale così da tanto tempo. Ma lo ammetto, avrei tanto voluto vedere una conclusione diversa, scommetto che tutti l’avremmo voluto. Ma è stato perfetto così.
Dal finale si vedono tante cose, prima tra tutte la concezione della donna alla fine degli anni 40. Il modo ottuso e la negazione degli orrori della guerra erano al primo piano nella vita di chiunque. Scendere a patti con la realtà era doloroso, era più facile chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie. Ma non doveva andare così, non è andata così.
Bisogna conoscere, bisogna fare in modo che tutto ciò non avvenga mai più. Nonostante ancora oggi ci siano orrori proprio come allora.
Non fate come una "Miss" che sarebbe voluta vivere in quegli anni, fate in modo che non si ripetano più situazioni del genere.
La vita è preziosa e gli ideali… quelli, cambiano il mondo.

“Meditate che questo è stato.”

Anche oggi vi saluto, spero di avervi incuriosito e davvero, date una possibilità a questa storia. Non ve ne pentirete.
Se vi è piaciuta la recensione ricordate di spolliciare il +1 e veniteci a trovare su Facebook, abbiamo le ciambelle ;)
Ricordatevi di diventare lettori fissi per farci contente e per continuare a seguirci. Tanti libri in arrivo!

Ila

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