domenica 7 febbraio 2016

Anteprima: Per sempre con me


Buona domenica lettori e bentornati nelle nostre #anteprime.
Se vi dicessi "Jennifer L. Armentrout" cosa vi verrebbe in mente? Aiutino? Ma no... sono sicura che mi avete capito benissimo. 
Ebbene, oggi vi faremo scoprire le nuovissime pagine di "Per sempre con me" quinto libro della serie "Ti aspettavo", in uscita nelle librerie italiane il 3 marzo. 

La serie "Ti aspettavo" è composta da:


1- Ti aspettavo (recensione QUI)
1..5- Ti fidi di me?
2- Stai qui con me (recensione QUI)
2.5- The proposal
2.5.2- Believe in me
3- Rimani con me (recensione QUI
4- Torna con me (recensione QUI)
4.5- Dream of you
5- Per sempre con me
6- Fire in you


Trama: In cuor suo, Stephanie sa di essere un’inguaribile romantica, una di quelle ragazze che crede nel colpo di fulmine e nel potere del vero amore. Tuttavia ha imparato a sue spese che è più saggio non farsi illusioni: troppe volte ha rinunciato a tutto per poi ritrovarsi da sola a rimettere insieme i pezzi del suo orgoglio. Perciò adesso preferisce concentrarsi sul lavoro e proteggere i sentimenti dietro una corazza di sfrontata sicurezza. Mai si sarebbe immaginata che un giorno si sarebbe lasciata sedurre da Nick, il barista più affascinante del Mona's pub. Bello, arrogante e sempre pieno di donne, Nick è il classico tipo da una notte e via. Eppure Steph lo travolge, col suo sorriso disarmante, con la sua forza e con l'ostinazione con cui nasconde le proprie insicurezze. A poco a poco, Nick si rende conto di non poter più vivere senza di lei. Ma, per convincere la donna più diffidente del mondo a dargli una possibilità, Nick dovrà essere pronto a togliere la maschera da playboy e a mettere a nudo la propria anima. Anche se ciò significa rivelare un segreto che rischia di distruggerlo…


Capitolo 1

Mentre camminavo sul lato della strada usando il fianco per chiudere la portiera del baule della mia auto, lo scatolone da trasloco pieno zeppo traballava in modo precario tra le mie braccia. Trattenni il respiro, completamente immobile nel parcheggio, accanto ad una motocicletta gigantesca, con lo scatolone che sbatteva pericolosamente.
Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque…Finalmente, quando raggiunsi il numero sei, lo scatolone smise di muoversi e traballare, ed io potei lasciare andare il respiro. Quello che c’era all’interno di quella scatola era troppo importante per cadere. Cosa a cui probabilmente avrei dovuto pensare prima di impacchettare milioni di cose lì dentro.
Troppo tardi.
Sospirando, scrutai la strada da sopra lo scatolone, in modo da poter vedere il ciglio e l’entrata del mio appartamento, poi cominciai a camminare, determinata a non lasciare cadere la scatola e a non rompermi il collo durante tutto il procedimento. Grazie a Dio e ai suoi, di Lui o di Lei, angeli strombettanti, casa mia era al piano terra.
Speravo davvero di non dovermi trasferire più per un po’. Nonostante non avessi poi così tanta roba da impacchettare, rimaneva comunque un’immensa rottura di scatole. Fortunatamente le cose più grosse, letto, divano e altri mobili, erano stati spediti e consegnati nel nuovo appartamento. Non avevo idea di aver collezionato così tante cazzate vivendo in uno studentato.
Riuscii a superare il ciglio della strada e mi trovavo vicino alle larghe scalinate che conducevano ai piani superiori, quando il bruciore ai muscoli delle braccia aumentò in intensità. Lo scatolone cominciò di nuovo a traballare, e sottovoce lanciai una feroce imprecazione che avrebbe reso mio padre e suo padre molto molto fieri di me.
Ancora pochi passi, continuai a ripetermi, solo pochi passi e… lo scatolone scivolò via dalla mia presa. Piegai le ginocchia nel tentativo di recuperarlo, ma era troppo tardi. La scatola piena di cose estremamente fragili cominciò a cadere.
“Figlio di una stronza, topa bastarda, put…”
La scatola si fermò all’improvviso a trenta centimetri dal pavimento, spaventandomi così tanto che non riuscii a terminare la mia imprecazione. Il peso della pesantissima scatola era completamente sparito, e i debolissimi muscoli delle mie braccia piansero di sollievo. All’inizio mi domandai se avessi sviluppato una qualche sorta di superpotere, ma poi vidi due mani molto grandi che non erano le mie sui lati dello scatolone.
“Ammiro chiunque sia capace di usare con successo le parole “topa bastarda” in una frase.”
I miei occhi si allargarono al suono di quella voce incredibilmente intensa. Raramente arrossivo. Quasi mai. Ma quella volta accadde. La mia faccia avvampò come se avessi appoggiato le guance al sole. Per un istante rimasi inebetita a fissare le sue mani. Le dita erano lunghe ed eleganti, le unghie erano limate e arrotondate, e la pelle era più scura della mia di un paio di tonalità.
Poi la scatola si mosse, e mentre mi raddrizzavo, lasciai che i miei occhi percorressero ciò che si trovava sopra la scatola, sopra le larghe spalle, fino ad arrivare alla vera origine della voce.
Santo Paradiso che sexy.
In piedi di fronte a me c’era la vivente incarnazione del tipo alto, scuro e bellissimo. Avevo visto un sacco di ragazzi sexy, ma questo qui era semplicemente fuori classifica. Forse aveva a che fare con i suoi colori particolari. I suoi capelli castano scuro, molto corti ai lati e leggermente più lunghi sopra la testa, incorniciavano zigomi alti e una mandibola squadrata. La sua pelle aveva un profondo colore olivastro e suggeriva una certa etnicità. Forse ispanica? Non ne ero sicura. Il mio bisnonno era cubano, e io avevo ereditato alcuni dei suoi tratti più persistenti.
Occhi incredibili sbirciavano fuori da folte ciglia, ed erano davvero particolari. Erano verde chiaro attorno alla pupilla, e sembravano quasi blu lungo i margini. Sapevo che doveva trattarsi di una qualche illusione ottica, ma erano stupendi.
Quel ragazzo era impressionante.
“Specialmente quando quelle parole escono dalla bocca di una ragazza carina.” aggiunse, arricciando le labbra da un lato.
Reagii prima di avere bisogno di un bavaglino per raccogliermi la saliva.
“Grazie. Non sarei mai riuscita a salvare quello scatolone.”
“Nessun problema.” I suoi occhi vagarono sul mio viso e poi scesero, soffermandosi più su alcune zone del mio corpo che su altre. Siccome stavo passando il mio tempo in ginocchio a impacchettare scatoloni e a correre di qua e di là, tutto quello che indossavo era un paio di pantaloncini della tutta e una t-shirt attillata, nonostante il clima pungente. E i pantaloncini potevano a stento essere considerati tali. “Per favore, continua la frase del ‘Figlio di una stronza’. Sono curioso di sapere quale altra combinazione di parole ti saresti inventata.”
Le mie labbra si contorsero in un sorriso. “Sono sicura che sarebbe stato epico, ma quel momento è passato da un po’, ormai.”
“È un dannato peccato.” Si spostò a lato, ancora lo scatolone tra le braccia. Eravamo fianco a fianco, e nonostante io sia una ragazza abbastanza alta, lui era più alto di me di tutta la testa.
“Dimmi dove appoggiare questa.”
“Non importa. Da qui ci penso io.” Allungai le braccia verso la scatola.
Lui inarcò un sopracciglio scuro. “Non mi dispiace. A meno che tu non stia pianificando di imprecare di nuovo, in quel caso potrei rifiutare.”
Risi e abbassai gli occhi, guardandolo bene. Portava una giacca di pelle, ma avevo ragione di voler scommettere tutti i miei risparmi che ci fossero dei muscoli ben definiti nascosti sotto il cappotto. “Va bene. Il mio appartamento è proprio là in fondo.”
“Prima le signore.”
Sorridendogli, mi spostai la coda di cavallo sulla spalla e lo condussi alla nostra sinistra.
“Ce l’avevo quasi fatta senza lasciar cadere la scatola,” gli dissi mentre aprivo la porta. “C’ero così vicina.”
“E così lontana,” terminò, facendomi l’occhiolino quando mi girai per guardarlo.
Gli tenni aperta la porta. “Proprio vero.”
Mi seguì dentro e si fermò. Le cose dentro il mio appartamento erano abbastanza incasinate. Quello che ero riuscita a togliere dagli scatoloni era sparpagliato sul divano, e sul pavimento in parquet.
“Un posto in particolare in cui vuoi che la appoggi?”
“Qui va bene.” Indicai l’unico spazio vuoto vicino al divano.
Attraversando la stanza, appoggiò con attenzione la scatola sul pavimento, e come una cagna arrapata, non riuscii a fare a meno di rimirare il ben di Dio quando lui si abbassò. Figo. Quando si voltò verso di me, sorrisi e serrai le mani.
“Ti sei appena trasferita?” chiese guardandosi in giro. Alcuni scatoloni erano accatastati vicino alla cucina e sopra il piccolo tavolo.
Risi, quando vidi ricomparire il suo sorrisino sghembo. “Ho traslocato ieri”
“Sembra che ti manchi ancora molto prima di finire.”
Camminando verso di me, abbassò il mento e sollevò la mano. “A proposito, sono Nick.”
Gli presi la mano. La sua stretta era calda e ferma. “Sono Stephanie, ma quasi tutti mi chiamano Steph.”
“È un piacere conoscerti.” La sua mano non lasciò la mia, e il suo sguardo scese di nuovo. “È davvero un piacere conoscerti, Stephanie.”
Una sorta di calore mi avvolse lo stomaco al suono del modo in cui aveva pronunciato il mio nome. “Reciproco,” mormorai, alzando il mio sguardo sul suo. “Dopotutto, se non fossi arrivato tu, probabilmente sarei ancora lì fuori a imprecare.”
Nick ridacchiò, e mi piacque quel suono. Molto. “Probabilmente non è il miglior modo per conoscere gente.”
“Mi pareva che avesse funzionato alla grande, con te.”
Il mezzo sorriso si allargò lentamente, diventando un sorriso completo, e se prima avevo pensato che era molto bello, quello era niente rispetto a quello che pensai in quel momento. Wow. Quel ragazzo era tanto bello quanto era stato d’aiuto. “Ti dico un piccolo segreto,” disse, stringendo la mia mano prima di farla scivolare via. “Non ti sarebbe comunque servito molto perché funzionasse con me.”
Oh, le mie orecchie si ripresero subito. Stava flirtando. “Buono… Buono a sapersi.” Mi avvicinai di più, inclinando indietro la testa. Avvertii una tenue fragranza di acqua di colonia, frizzante.
“Quindi, Nick, vivi in questo condominio??
Lui scosse la testa e una ciocca di capelli scuri gli cadde sulla fronte. “Ho un appartamento dall’altra parte della città. Stavo semplicemente qui ad aspettare di poter aiutare delle ragazze carine a portare gli scatoloni nei loro appartamenti.”
“Beh, è davvero un peccato.”
I suoi occhi brillarono, facendo risaltare le iridi verdi. Per un momento, il suo sguardo sostenne il mio, poi le sue labbra si separarono. “Ecco.” Alzò di nuovo la mano e io fui invasa dalla sorpresa quando lui mi toccò la guancia e fece scorrere il pollice sul lato della mia bocca. “Avevi un po’ di polvere. Te l’ho tolta.”
Il cuore mi scalciò nel petto mentre lo guardavo, per la prima volta nella mia vita rimasi completamente senza parole. E io ero coraggiosa. Diavolo. Il mio papi diceva che ero audace come un leone. Di certo non si trattava di una bella immagine, ma era vero. Quando volevo qualcosa, lavoravo sodo fino a che non lo ottenevo. Questa mentalità mi è stata inculcata fin da quando ero piccola. Voti. La squadra di ballo del liceo. I ragazzi. La laurea. La carriera. Ma nonostante tutta la mia audacia, quell’uomo mi faceva vibrare un bel po’, e mi spiazzava.
Interessante.
“Devo andare,” Disse Nick, abbassando la mano. Il sorriso sul suo viso, quel mezzo sorriso sghembo, diceva che lui sapeva perfettamente che effetto aveva avuto su di me. Si diresse verso la porta, poi mi guardò. “A proposito, lavoro in un locale non lontano da qui. Si chiama Mona’s. Se ti annoi… o hai voglia di ripensare alla tua abilità nell’unire parole su richiesta nelle imprecazioni, dovresti venire a trovarmi.” Sapevo come leggere i ragazzi. Era un’abilità che avevo decisamente perfezionato nel tempo, e quello era un invito. Così, buttato lì, e mi piaceva. Il mio sorriso debole rispecchiò totalmente il suo. “Lo terrò a mente, Nick.”

Traduzione a cura di 
Valentina Deguidi

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