lunedì 5 ottobre 2015

Anteprima: E' stato solo un gioco (cap.1)


Buon pomeriggio splendidi lettori.
Come state?
Noi in piena attività, siamo a inizio mese e tante news si respirano e le vostre care blogger devono segnalarvi tempestivamente i libri più succosi.
E come non tornare a parlare di una serie che ci ha preso il cuore? 
Oggi in anteprima, vi abbiamo tradotto il primo capitolo di "E' stato solo un gioco", secondo volume della serie Stage Dive, il 15 ottobre in tutte le librerie!

La serie è composta da:


- Tutto in una sola notte (Recensione QUI)
- E' stato solo un gioco
- Lead (Recensione QUI e prossimamente in Italia)
- Deep (Prossimamente in Italia)


Capitolo 1

C’era qualcosa di sbagliato. Me ne accorsi non appena entrai in casa. Con una mano accesi la luce e con l’altra lasciai cadere la borsetta sul divano. Dopo un corridoio scarsamente illuminato, quella luce improvvisa era abbagliante. Delle piccole lucine lampeggiarono davanti ai miei occhi. Quando scomparvero vidi gli spazi… degli spazi che, appena quella mattina, erano occupati.
Dal divano, per esempio.
La mia borsetta colpì il pavimento e il contenuto si sparpagliò sul pavimento: assorbenti, spiccioli, penne e trucchi. Un deodorante in stick rotolò in un angolo. Un angolo che adesso era vuoto doto che sia la tv che l’armadietto non c’erano più. Il tavolino vintage e le sedie c’erano ancora, così come la mia libreria stra piena. Ma la maggior parte della stanza era spoglia.
- Skye? -
Nessuno rispose.
- Che cazzo? – Una domanda stupida, dato che era ovvio ciò che era successo. Davanti a me, la porta della mia coinquilina era aperta. Non c’era nulla se non oscurità e cumuli di polvere.
Non c’era motivo per negarlo.
Skye mi aveva scaricato.
Al peso di due mesi di spese per l’affitto, gli alimenti e le utenze arretrate, le mie spalle si accasciarono. Anche la mia gola si chiuse. Allora era così che ci si sentiva dopo che qualcuno si era preso gioco di me.
Riuscivo a malapena a respirare.
- Anne, posso prendere in prestito il tuo cappotto di vellutto? Ti prometto che…” Lauren, la mia dirimpettaia era in piedi davanti alla porta (bussare non era mai stato nel suo stile).
Poi anche lei, come me, si immobilizzò.
- Dov’è il tuo divano? -
Inspirai profondamente per poi espirare lentamente. Non fu di nessun aiuto.
- Credo l’abbia preso Skye –
- Se n’è andata? –
La mia bocca si aprì, ma cos’altro c’era da dire?
- Se n’è andata e tu non sapevi che l’avrebbe fatto? – Lauren scosse la testa, scompigliando i lunghi capelli lunghi e castani. Glieli avevo sempre invidiati. I miei erano biondo fragola e sottili. Se superavano le spalle si afflosciavano come se fossero stati immersi in un secchio di gel. Per questo motivo non li facevo portavo sempre un carré.
Non che i capelli fossero importanti.
Riuscire a pagare l’affitto era importante.
Avere del cibo da mangiare era importante.
I propri capelli? Non proprio.
I miei occhi bruciavano, essere traditi faceva proprio male. Skye e io eravamo state amiche per anni. Mi fidavo di lei. Avevamo spettegolato sui ragazzi, condiviso segreti, pianto l’una sulle spalle dell’altra. Non aveva senso.
Invece sì.
Con dolore, ma un senso ce l’aveva.
- No – la mia voce sembrava strana. Deglutì, schiarendomi la gola.
- No, non sapevo che se ne stava andando –
- Strano. Voi due siete sempre andate d’accordo –
- Sì –
- Perché avrebbe dovuto andarsene così? –
- Mi doveva dei soldi – ammisi, inginocchiandomi per raccogliere il contenuto della mia borsa. Non per pregare il Signore. Ci avevo rinunciato molto tempo fa.
Lauren sussultò. – Stai scherzando! Quella stronza del cazzo! –
- Piccola, stiamo facendo tardi – Nate, il mio altro dirimpettaio entrò dalla porta, lo sguardo impaziente. Era alto, ben piazzato e con un bel caratterino. Di solito invidiavo Lauren per il fidanzato. Adesso non percepivo neppure la gloria di Nate. Ero fattuta.
- Che sta succedendo? – chiese guardandosi intorno. – Ciao Anne –
- Ciao Nate –
- Dov’è la tua roba? –
Le mani di Lauren scattarono verso in aria. – Skye le ha preso la sua roba! –
- No – la corressi. – Skye ha preso la sua roba. Ma ha preso i miei soldi -
- Quanti soldi? – chiese Nate, il dispiacere fece calare la sua voce di un’ottava.
- Abbastanza – dissi – Le coprivo le spalle da quando aveva perso il suo lavoro –
- Cazzo – mormorò Nate.
- Eh, già – davvero… eh già.
Presi la mia borsetta e l’aprì. Sessantacinque dolari e un quartino. Come ero riuscita a finire così? L’assegno della libreria era andato e la mia carta di credito al rosso. Ieri Lizzy aveva avuto bisogno di aiuto per pagare i libri di testo e non le avrei detto di no per nessuna ragione. Far si che mia sorella si laureasse era una priorità.
Quella mattina avevo detto a Sky che dovevamo parlare. Per tutta la giornata mi ero sentita una merda, il mio stomaco mi aveva fatto male. Perché, a dirla tutta, alla fine del mio discorso lei avrebbe dovuto chiedere ai suoi genitori o al suo nuovo fidanzato ricco un prestito per ripagarmi. Non potevo mantenere entrambe mentre era alla ricerca di un nuovo lavoro. Quindi doveva anche parlare con loro di un nuovo posto dove stare. Sì, la stavo anche cacciando fuori di casa. La colpa mi era pesata sulle spalle come un macigno.
Davvero ironico.
Quali erano le possibilità che lei sentisse un po’ di rimorso per avermi inculato in questo modo? Nessuna.
Finì di raccogliere il contenuto della mia borsetta e la chiusi
- Ah sì, Lauren. Il cappotto è nel mio armadio. Almeno spero sia così. Fa come fossi a casa tua -
Dovevo pagare l’affitto tra otto giorni. Forse potevo fare un miracolo. Là fuori c’erano sicuramente delle ventitreenni con un po’ di soldi da parte. Almeno una avrà bisogno di un posto dove vivere. L’avevo già fatto. Ma c’era sempre stato qualcosa che io o mia sorella avevamo bisogno di più rispetto a una stabilità economica futura. Libri, vestiti, una serata in città, tutti quei dolcetti che rendono la vita sopportabile. Ma avevamo già sacrificato abbastanza.
Ed eccomi qui. Spezzata e in ginocchio.
Credo che avrei dovuto avere delle priorità migliori. Il senno di poi faceva schifo.
Nel peggiore dei casi probabilmente sarei andata a dormire sul pavimento della camera del dormitorio di Lizzy. Il Signore sapeva che mamma non aveva dei soldi e chiederle aiuto era fuori questione. Se avessi venduto le perle della mia prozia avrei potuto fare un deposito per un altro appartamento, uno più piccolo che mi sarei potuta permettere da sola.
In qualche modo ce l’avrei fatta.
Ovviamente.
Farcela era la mia specialità.
E se avessi visto Skye di nuovo l’avrei uccisa, cazzo.
- Che farai? – chiese Nate, appoggiandosi allo stipite della porta.
Mi alzai, spolverandomi le ginocchia dei miei pantaloni neri.
- Mi inventerò qualcosa -
Nate mi guardò e io, il più calma possibile, cercai di contraccambiare lo sguardo. Meglio che le sue prossime parole non trasudino pietà. Il mio giorno era già stato abbastanza merdoso.
Con grande determinazione, gli sorrisi. – Allora, ragazzi… dove state andando? –
- C’è una festa da David ed Ev – rispose Lauren da dentro la mia stanza – Dovresti venire con noi -
Ev, la sorella di Nate ed ex coinquilina di Lauren, aveva sposato David Ferris, il dio del rock e chitarrista della band Stage Dive, qualche mese fa.
Una lunga storia. A dirla tutta, anche io facevo fatica a venirne a capo. Un minuto prima era la ragazza bionda della porta accanto che frequentava lo stesso collage di Lizzy e faceva un fantastico caffè da Ruby e quello dopo i paparazzi avevano assaltato il condominio. Skye aveva rilasciato delle interviste, non che sapesse veramente qualcosa.
Io ero sgattaiolata dal retro.
A farla in breve il mio rapporto con Ev prevedeva il salutarci quando ci incrociavamo sulle scale, quando viveva ancora qui, per poi incontrarci quando, ogni mattina, andavo da Ruby per prendere un caffè con i fiocchi. Il tono era sempre stato amichevole. Ma non eravamo proprio amiche. Data la predisposizione di Lauren a prendere in prestito i miei vestiti, la conoscevo meglio.
- Dovrebbe venire, vero, Nate? –
Il grugnito di Nate fu il suo segno di assenso. Oppure di disinteresse. Con lui era difficile da dire.
- Va tutto bene – dissi. Sulla parete, dove c’erano il tavolino e il divano, si vedevano delle linee; la merda che Skye si era lasciata dietro. – Ho un nuovo libro da leggere e probabilmente dovrei impegnarmi a pulire. Credo che non pulivamo sotto il divano da un po’… Almeno questa volta non dobbiamo pulire i mobili -
- Vieni con noi –
- Lauren, non sono invitata – dissi
- La maggior parte delle volte non lo siamo nemmeno noi – Lauren riemerse dalla mia camera e lanciò uno sguardo al suo ragazzo. Indossando quel cappotto vintage stava molto meglio di me, un fatto che decisi di tralasciare. Se questo non mi avrebbe fatto guadagnare dei punti per il paradiso non so cosa l’avrebbe fatto. Forse avrei dovuto darglielo come regalo d’addio prima di partire
- Dai, Anne – disse. – A Ev non importerà –
- Pronte? – Nate faceva tintinnare le chiavi con fare impaziente.
Uscire con delle rock star non sembrava la reazione appropriata alla scoperta che tra poco avrei vissuto in strada. Forse un giorno, quando sarei stata al mio meglio, sarei potuta passare per un saluto. Ma non quel giorno. Mi sentivo stanca, senza forze. Dato che era una sensazione che non mi aveva abbandonato da quando avevo compiuto sedici anni, non mi sembrava una buona scusa, tuttavia Lauren non doveva saperlo.
- Grazie ragazzi – dissi. – Ma sono appena arrivata a casa -
- Mmm, tesoro. Casa tua adesso fa un po’ schifo – disse Lauren guardando i cumuli di polvere. – E poi è venerdì sera. Chi sta a casa di venerdì sera? Indosserai la tua tenuta da lavoro o i jeans? Io suggerisco i jeans –
- Lauren… -
- No –
- Ma
- No – Lauren mi prese per le spalle e mi guardò negli occhi. – Sei stata inculata da un’amica. Non ho parole per dirti quanto questo mi faccia incazzare. Vieni con noi. Nasconditi in un angolo per tutta la serata se vuoi. Ma non starai seduta qui, da sola a pensare. Lo sai che non mi è mai piaciuta… -
Stupidamente, a me si. Mi piaceva. Mi era piaciuta.
Chissene.
- Non l’avevo ditto, Nate? -
Nate sospirò e fece dondolare le chiavi ancora una volta.
- Vai. Preparati – Lauren mi diede una spintarella per farmi andare in camera.
Questa sarebbe stata la mia unica opportunità per incontrare David Ferris. Ev faceva ancora capolino ogni tanto, ma non l’avevo mai visto se non quando ero per caso sulla porta. Non era il mio preferito tra i quattro membri degli Stage Dive. Quell’onore era riservato per il batterista, Mal Ericson. Pochi anni fa avevo preso una brutta cotta per lui. Ma quell’altro era… David Ferris. Dovevo andare, solo per aver la possibilità di incontrare uno di loro. Alcuni anni fa avevo il pallino per quella band. Non aveva nulla a che fare con il loro aspetto fisico. Oh, no. Io ero una purista del rock.

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