Buon pomeriggio lettori e bentornati per delle super anteprime.
Ormai è il fenomeno del momento, sulla bocca di tutti e per questo anche sulle pagine di AnniDiNuvole. Ne abbiamo già parlato alcune domeniche fa (se vi siete persi la traduzione del primo capitolo bhè... cliccate QUI).
Tornano loro... Tornano Hardin e Tessa.
Correte a leggere.
Trama: La vita di Tessa non è mai stata così complicata. Nulla è come lei pensava che fosse. Né la sua famiglia. Né i suoi amici. L'unico su cui dovrebbe poter contare, Hardin, sembra sempre pronto, con il suo carattere scontroso, a rovinare tutto. Non appena scopre l'enorme segreto che lei gli ha nascosto, diventa furioso e, invece di provare ad essere comprensivo, cerca di ostacolarla in tutti i modi. Così, mentre la partenza per Seattle si avvicina, per Tessa è arrivato il momento di fare una scelta e affrontare la più dolorosa delle domande: Hardin sarà mai in grado di cambiare per lei? Tessa sa che lui la ama e farà di tutto per proteggerla, ma c'è una bella differenza tra non poter vivere senza una persona e amarla. La spirale di gelosia, rabbia e perdono che li lega è esasperante. Eppure Tessa non ha mai provato niente di così intenso per qualcuno, nessun bacio è mai stato così eccitante né un'attrazione così irrefrenabile. L'amore finora è bastato per tenerli insieme. Ma il bisogno che provano l'uno per l'altra sarà più forte di tutti gli ostacoli?
Capitolo
Quattro
Tessa
- Spegnila – Hardin ringhia mentre la sveglia
suona nella camera da letto ancora al buio.
Le mie dita vanno alla ricerca del mio telefono e,
finalmente, facendo scorrere il pollice sullo schermo, il suono indesiderato si
ferma. Mentre mi siedo sul letto, sento un peso sulle spalle. La tensione della
giornata minaccia di spingermi di nuovo a letto: la decisione dell’università sull’espulsione
di Hardin, la possibilità che Zed faccia cadere le accuse contro di lui e, per
ultimo, la probabile reazione di Hardin quando gli dirò che ho in mente di
seguire la Vance Publishing a Seattle e che voglio che lui venga con me anche
se non ama quella città.
Non riesco a decidere quale di queste cose mi
terrorizzi di più. Quando accendo la luce del bagno e un ondata d’acqua fresca
si abbatte contro il mio viso, capisco che è l’accusa di aggressione a
preoccuparmi di più. Onestamente, non so cosa farei, o cosa farebbe lui, se
fosse mandato in prigione. Il solo pensiero mi fa venire la nausea. Mi ritorna
in mente la richiesta di Zed di incontrarsi con me questa mattina e penso a
cosa vorrebbe parlare, specialmente quando l’ultima volta che mi ha visto mi ha
detto qualcosa sull’essersi innamorato di me.
Inspiro ed espiro con la bocca premuta sull’asciugamano
morbido appeso alla parete. Dovrei rispondere a Zed e almeno vedere che cosa ha
da dire? Forse può darmi una spiegazione sul perché ha detto due cose diverse a
me e a Tristan riguardo il ritiro delle accuse. Mi sento colpevole per non averglielo
chiesto, specialmente considerando quanto Hardin gli abbia fatto male, ma io
amo Hardin, e Zed aveva le sue stesse intenzioni, vincere la scommessa. Nessuno
dei due è completamente innocente.
Prima che io possa ripensare alle possibili
ripercussioni, mando un messaggio a Zed. Sto solo cercando si aiutare Hardin.
Continuo a ricordarlo a me stessa dopo aver cliccato invio e essermi messa all’
opera con i capelli e il trucco.
Quando vedo che il lenzuolo è piegato
ordinatamente sul bracciolo del divano ho un colpo al cuore. Ѐ andato via? Come
farò a…
Il debole suono di un armadietto che si apre in
cucina fa riaffiorare la speranza. Vado nella stanza buia, accendo la luce e
vedo mio padre sobbalzare e far cadere il cucchiaio a terra con un tonfo.
- Scusa, stavo cercando di essere il più
silenzioso possibile. – dice mio padre mentre si sporge rapidamente per
prendere il cucchiaio.
- Non ti preoccupare ero in piedi avresti potuto
accendere la luce – rido sommessamente.
- Non volevo svegliare nessuno. Volevo solo mangiare
dei cereali; spero che non sia un disturbo. –
- Certo che non lo è. – Accendo la caffettiera e
controllo l’ora. Tra quindici minuti devo svegliare Hardin.
- Qual è il tuo programma per oggi? – mi domanda
con la bocca piena do cereali Frosted, i preferiti di Hardin.
- Beh, io ho lezione e Hardin ha un incontro con
il consiglio universitario. –
- Il consiglio universitario? Deve essere una cosa
grave… -
Guardo mio padre e mi chiedo Dovrei dirglielo? Ma poi, immaginando di dover iniziare da qualche
parte, gli dico: - Ha fatto una rissa nel campus. –
- E per questo motivo ha un udienza davanti al
consiglio? Quando ero giovane io, ti davano una bacchettata sulla mano e basta.
-
- Ha distrutto un bel po’ di cose, cose costose, e
ha rotto il naso a un ragazzo. – sospiro e metto un cucchiaio pieno di zucchero
nel mio caffè. Oggi ha bisogno di una dose extra di energia.
- Bello. Perché ha avuto una rissa? –
- A causa mia, diciamola così. Ma era qualcosa che
andava avanti da tempo e alla fine è… esplosa. –
- Beh, adesso Hardin mi piace più di ieri –
afferma. Nonostante sia felice che mio padre veda di buon occhio il mio
ragazzo, la motivazione non è buona. Non voglio che loro due creino un legame
sulla violenza.
Scuoto la mia testa e bevo metà del mio caffè,
lasciando che il liquido caldo calmi i miei nervi tesi.
- Da dove viene? –
sembra genuinamente interessato a saperne di più di Hardin.
- Inghilterra. -
- Lo avevo immaginato
dall’accento anche se ha volte non riesco a distinguerlo da quello australiano.
La sua famiglia è ancora là? –
- Sua madre si. Suo
padre è qui. È il rettore alla WCU. –
I suoi occhi castani si
riempiono di curiosità. – Un’espulsione sarebbe ricca di ironia. –
- Molto. – singhiozzo.
- Tua madre lo ha
incontrato? – chiede, poi prende una cucchiaiata di cereali.
- Si, lo odia. – corrugo
la fronte.
- Odiare è un verbo
forte. –
- Credimi, in questo
caso non lo è abbastanza. –
Il dolore della perdita
del legame con mia madre è molto meno forte di una volta. Non so se sia una
cosa positiva o no.
Mio padre appoggia il
cucchiaio e annuisce diverse volte. – Può essere un po’ testarda ma si
preoccupa per te. -
- Non deve. Sto bene. -
- Beh, lascia che venga
lei da te; non dovresti dover scegliere tra lei o lui. – sorride. – Tua nonna
non mi approvava. Mentre stiamo parlando probabilmente si starà rivoltando
nella tomba. –
Tutto questo è così
strano, dopo tutti questi anni essere seduti nella mia cucina con mio padre,
creando un legame mentre beviamo un caffè e mangiamo dei cereali. – Ѐ solo difficile
perché siete sempre stati così vicini… almeno il massimo della vicinanza che si
può avere con lei. –
- Ha sempre voluto che
tu fossi come lei. E se ne è assicurata già quando eri bambina. Non è una
cattiva persona, Tessie. È solo spaventata. -
Lo guardo corrugando la
frante. – Di cosa? –
- Di tutto. Ha paura di
perdere il controllo. Sono sicuro che vederti con Hardin l’ha terrorizzata e le
ha fatto capire che non ti controlla più. -
Fisso la tazza vuota
davanti a me. – Ѐ per quello che sei andato via? Perché voleva controllare
tutto? –
Mio padre singhiozza
debolmente. Un suono ambiguo.
- No, sono andato via
perché avevo dei problemi personali e non eravamo adatti l’uno per l’altra. Non
preoccuparti per noi. – dice. – Preoccupati per te stessa e per quel combina
guai del tuo ragazzo. -
Non riesco a immaginare
l’uomo davanti a me e mia madre capaci di fare conversazione; sono così
diversi. Quando guardo l’orologio vedo che son già passate le otto.
Mi alzo e metto la tazza
nella lavastoviglie. – Devo svegliare Hardin. Ieri notte ho messo i tuoi
vestiti in lavatrice. Mi vesto e te li porto. –
Vado in camera e vedo
che Hardin è sveglio. – Forse dovresti indossare qualcosa di più informale per
l’incontro? – gli suggerisco mentre lo guardo infilarsi una maglietta nera.
- Perché? -
- Perché loro
decideranno il tuo futuro scolastico e una maglietta nera non mostra gli sforzi
che hai fatto per arrivare fino a questo punto. Puoi cambiarti subito dopo, ma
credo davvero tu debba vestirti in modo informale. –
- Caaaaaaazzo! – allunga
la parola e getta la testa all’indietro.
Lo supero e mi dirigo
verso l’armadio per prendere la sua camicia col colletto nera e i pantaloni.
- Nessun completo! Per
l’amor di Dio no. -
Gli do i pantaloni. - Ѐ
solo per poco. –
Maneggia l’indumento
come se fosse un rifiuto radioattivo o un artefatto alieno. – Se indosso questa
merda e loro mi cacciano fuori brucio tutto il campus. –
- Sei così
melodrammatico – alzo gli occhi, ma non mi sembra divertito quando indossa i
pantaloni del completo.
- Il nostro appartamento
è ancora un rifugio per barboni? –
Faccio cadere la
camicia, ancora sull’appendino sul letto e mi dirigo verso la porta.
Si passa velocemente le
dita fra i capelli. – Cazzo Tess, mi dispiace. Sto diventando ansioso e non
posso nemmeno scoparti per calmarmi perché tuo padre è sul nostro divano. –
Le sue parole volgari
risvegliano i miei ormoni, ma ha ragione: mio padre nella stanza affianco è un
grande ostacolo. Cammino verso Hardin, le sue lunghe dita stanno avendo
difficoltà con il primo bottone della camicia e gentilmente sposto le sue mani.
- Lascia fare a me –
propongo.
I suoi occhi si
ammorbidiscono, ma lo posso dire: sta iniziando ad andare nel panico. Odio vederlo
così; no è da lui. Ѐ sempre così controllato, non gli interessa nulla, solo io
gli interesso, e anche in questo caso è molto bravo a nascondere i suoi
sentimenti.
- Andrà tutto bene,
piccolo. Si sistemerà tutto –
- Piccolo? – il suo
sorriso è immediato, così come il rossore sulle mie guance.
- Sì… piccolo. – gli
sistemo il colletto della camicia e lui si abbassa per baciarmi la punta del
naso.
- Hai ragione; nel
peggiore dei casi andiamo in Inghilterra. –
Ignoro il suo commento e
ritorno all’armadio per prendere i miei vestiti. – Pensi che mi lasceranno
accompagnarti dentro? – gli chiedo, insicura su cosa indossare.
- Lo vuoi fare? –
- Se me lo permettono. –
prendo il mio nuovo vestito viola che avevo in mente di indossare domani da
Vance. Mi spoglio e lo indosso il più velocemente possibile. Indosso delle
scarpe nere con il tacco ed esco dall’armadio tenendomi il corpetto del
vestito. – Mi puoi aiutare? – chiedo ad Hardin, dandogli la schiena.
- Mi stai torturando di
proposito. – i suoi polpastrelli vagano sulle mie spalle nude e sulla mia
schiena, lasciando della pelle d’oca dopo il loro passaggio.
- Scusa. –
La mia bocca è asciutta.
Lentamente mi tira su la
zip e io rabbrividisco quando preme le sue labbra sulla pelle sensibile sulla
nuca. – Dobbiamo andare. – gli dico e lui fa una smorfia le sue dita affondano
nei miei fianchi.
- Ho intenzione di chiamare mio padre mentre
siamo in viaggio scarichiamo il… tuo padre da qualche parte? -
- Gli chiedo ora, puoi
prendere la mia borsa? – dico e lui annuisce.
- Tess? – mi chiama non
appena metto la mano sulla maniglia. – Mi piace quel vestito. E mi piaci tu.
Cioè, io ti amo, ovvio… e anche il tuo nuovo vestito. – fa una smorfia. – Ti
amo e amo i tuoi vestiti costosi. -
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