venerdì 24 luglio 2015

Recensione: Ali di cera


Buon pomeriggio cari amici e amiche di Anni, ben ritrovati con un altro appuntamento delle nostre rubriche. Oggi, essendo ormai arrivati a venerdì, come di consueto vi parleremo di un’originale di EFP scritta da uno degli #AutoriEmergenti del sito. Ammetto che faccio sempre più fatica a trovare qualcosa su EFP, di materiale ce n’è molto e di molti generi, ma mi capita sempre più spesso di rimanere affascinata da storie brevi ma intense, che mi permettono di riflettere su me stessa e di creare collegamenti tra ciò che leggo e ciò che sono. Pertanto oggi vi parlerò di una drabble epica, malinconica ma piena di speranza, incentrata su uno dei personaggi mitologici che più amo e che più mi affascina: Icaro.



Questa drabble, genere completamente nuovo per me, altro non è che una riflessione scritta sotto forma di poesia sulla figura di Icaro. Questo giovane ragazzo, figlio del costruttore del labirinto cretese Dedalo, decise di evadere dal labirinto nel quale era stato intrappolato con il padre; Dedalo dunque realizzò delle ali di piume e cera per lui e per il figlio e prima di spiccare il volo si raccomandò perché il giovane non volasse né troppo vicino al sole né troppo vicino ai flutti del mare.

“Quando all'opera fu data l'ultima mano, l'artefice provò lui stesso a librarsi con due di queste ali e battendole rimase sospeso in aria. Le diede allora anche al figlio, dicendogli: "Vola a mezza altezza, mi raccomando, in modo che abbassandoti troppo l'umidità non appesantisca le penne o troppo in alto non le bruci il sole.”
                                                                                                                                                                               [Ovidio, Le metamorfosi]

Ma il giovane, libratosi nel cielo, si rese conto di quanto fosse bello osservare dall’alto il mondo, di quanto fossero fortunati gli uccelli a poter volare e cantare senza pensieri, di quanto la forza di volontà dell’uomo potesse nei confronti della natura. Ma fu proprio questa sua presunzione e questa immensa sensazione di potere ad essergli fatale; credendosi invincibile e onnipotente il giovane puntò dritto al sole e il calore dei suoi raggi fece sciogliere la cera che saldava le sue ali, il giovane precipitò in mare e il suo corpo non venne mai ritrovato.

“E già s'erano lasciati a sinistra le isole di Samo, sacra a Giunone, Delo e Paro, e a destra avevano Lebinto e Calimne, ricca di miele, quando il ragazzo cominciò a gustare l'azzardo del volo, si staccò dalla sua guida e, affascinato dal cielo, si diresse verso l'alto. La vicinanza cocente del sole ammorbidì la cera odorosa, che saldava le penne, e infine la sciolse: lui agitò le braccia spoglie, ma privo d'ali com'era, non fece più presa sull'aria e, mentre a gran voce invocava il padre, la sua bocca fu inghiottita dalle acque azzurre, che da lui presero il nome.”
                                                                                                                                                                               [Ovidio, Le metamorfosi]

La drabble, scritta dal punto di vista di Icaro, è una sorta di flusso di coscienza che il giovane, o meglio ciò che di lui è rimasto dato che è scritta al passato, rivolge ad un tu generico; questo è uno degli aspetti che più mi è piaciuto dello scritto perché quella seconda persona singolare può assumere diverse identità: possiamo essere noi che leggiamo, può essere lo stesso Icaro che parla alla sua anima, può essere chiunque..lo stesso Icaro sembra non sapere a chi si sta rivolgendo come non sa cosa sia lui stesso

“Chi sei, e che cosa sono?”

Tutto è teso al ricordo dell’impresa che egli ha compiuto e che ha decretato la sua fama come anche la sua fine, perché sebbene egli abbia toccato il cielo tuttavia la troppa forza con cui ha volato lo ha fatto bruciare troppo in fretta, sebbene egli abbia esaudito i suoi capricci più selvaggi tuttavia è caduto, ha fallito. E’ un Icaro deluso, amareggiato, arrabbiato perché la sua caduta, il suo fallimento, hanno vinto sulla sua forza, sul suo coraggio, sulla sua determinazione ad inseguire i propri sogni. E’ un Icaro che è un po tutti noi quando non vediamo riconosciuti e apprezzati i nostri sforzi, quando ci viene fatto notare l’errore compiuto e non il fine a cui tendevamo, quando non importa il cosa abbiamo fatto perché il come è più importante, quando la voglia di provare si sgretola davanti ad un fallimento e l’unica cosa che rimane è la derisione di coloro che magari per paura non ci hanno nemmeno provato. E’ vero, Icaro è caduto, Icaro ha perso una scommessa con se stesso per imprudenza e presunzione, ma allo stesso tempo Icaro ha volato, ha provato a volare, a lasciarsi alle spalle tutto e tutti e a fare ciò che l’avrebbe reso felice e pieno..è questo che amo di lui, il suo coraggio, il coraggio di chi prova nonostante sappia di poter fallire, il coraggio di chi non lascia che la paura di perdere gli impedisca di partecipare, il coraggio di un giovane, forse anche un poco incosciente, che non ha pensato alle conseguenze delle sue azioni e si è buttato a capofitto in un’avventura tanto pericolosa quanto attraente senza paura di bruciarsi o affogare. Mi è piaciuta davvero molto questa drabble e ve la consiglio vivamente perché secondo me ognuno la può interpretare a modo proprio e trarne la propria versione di Icaro, in fondo sognatori lo siamo un poco tutti!!


Vi saluto, dandovi appuntamento alla prossima settimana, e salutandovi con parte del pensiero di Icaro, la mia prima “epica” cotta

“Ho incarnato tutti i sogni che ho seguito.
Quindi, chi sei, e cosa sono?
Ti ricordi di me? Non avevo paura di volare.

A presto.

Sara

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