mercoledì 15 luglio 2015

Anteprima - The Duff (Quanto ti ho odiato)


Buongiorno lettori!
Chi non conosce il film "The duff"? ne abbiamo sentito parlare tantissimo e finalmente sta arrivando in Italia, sia il libro che il film.
Il libro -in italiano "Quanto ti ho odiato"- sbarca nelle libreria domani, mentre il film lo vedremo al cinema nel mese di agosto con il titolo "L'asso nella manica". Insomma, una marea di titoli nuovi per questo nuovissimo fenomeno. 
AnniDiNuvole ha voluto darvi una super anteprima del primo capitolo del libro che domandi quasi tutti avranno per le mani.
Vi lasciamo con una piccola trama del libro e subito dopo con la traduzione, del tutto personale, dell'opera.
Buon divertimento :)


Trama: Bianca Piper ha diciassette anni, è cinica ma leale e sa benissimo di non essere la più carina tra le sue amiche. D’altronde sa anche di essere più sveglia e intelligente rispetto a molte sue coetanee, che si lasciano incantare dal fascino di ragazzi come Wesley Rush, il più corteggiato e viscido della scuola. Bianca infatti detesta Wesley. Ma dato che le cose in famiglia non vanno granché bene e Bianca è alla disperata ricerca di una distrazione, un giorno si ritrova a baciare proprio Wesley. E… scopre che le piace! Tanto che, sempre più desiderosa di fuggire dai propri problemi familiari, finisce per farci sesso e per ricorrere a questo “diversivo” ogni volta che qualcosa va storto. Ma quando viene fuori che Wesley è bravo ad ascoltare e che anche la sua, di vita, è più scombinata del previsto, Bianca intuisce che la situazione le sta sfuggendo di mano e si rende conto con terrore che potrebbe essersi innamorata proprio del nemico…



La storia si stava facendo vecchia.
Casey e Jessica si stavano rendendo ancora una volta completamente ridicole, muovendo i loro sederi come ballerine di un video rap. Ma immagino che i ragazzi se le bevano queste stronzate, no? Potevo sentire il mio quoziente intellettivo calare letteralmente a picco, mentre mi domandavo, per la centesima volta quella sera, perché gli avevo permesso di trascinarmi di nuovo lì.
Ogni volta che andavamo al Rifugio succedeva sempre la stessa cosa. Casey e Jessica ballavano, flirtavano, attiravano l’attenzione di ogni ragazzo in vista e, infine, venivano trascinate via dalla festa dalla loro protettiva miglior amica, io, prima che uno di quegli animali in calore potesse approfittare di loro.
Nel frattempo, io sedevo al bar per tutta la serata a parlare dei “problemi dei giovani d’oggi” con Joe, il barista trentenne.
Immaginavo che Joe si sarebbe offeso se gli avessi detto che uno dei più grandi problemi era il suo dannato locale. Il Rifugio, che era stato un vero bar un tempo, era stato convertito tre anni prima in un bar per ragazzi. Il traballante bancone in quercia si reggeva ancora, ma Joe serviva solo Coca-Cola mentre i giovani ballavano o ascoltavano musica dal vivo. Odiavo quel posto, per il semplice motivo che faceva comportare le mie amiche, la maggior parte delle volte piuttosto giudiziose, come delle idiote. In loro difesa, tuttavia, non erano le uniche. Nei weekend era presente mezza Hamilton High e nessuno lasciava il club con la propria dignità ancora intatta.
Insomma, seriamente, dov’era il divertimento in tutto ciò?
Vuoi ballare sulla stessa musica tecno dai bassi pesanti settimana dopo settimana? Certo! E poi magari ci proverò con quel giocatore di football sudato e fissato col sesso. Forse potremmo avere una discussione profonda sulla polita e la filosofia mentre ci strusciamo. Bleah. Sì, come no?
Casey si lasciò cadere sullo sgabello affianco al mio.
“Dovresti venire a ballare con noi, B,” disse, senza fiato per aver sculettato. “È così divertente.”
“Sicuro,” borbottai.
“Oh mio Dio!” Jessica si sedette dall’altra parte, la coda di cavallo biondo miele rimbalzava contro le sue spalle. “L’avete visto? L’avete visto, cazzo? Harrison Carlyle ci ha decisamente appena provato con me! Avete visto? Omioddio!”
Casey ruotò gli occhi al cielo. “Ti ha chiesto dove hai comprato le scarpe, Jess. È decisamente gay.”
“È troppo carino per essere gay.”
Casey la ignorò, facendo scorrere le dita dietro l’orecchio, come a metterci dietro delle ciocche invisibili. Era un’abitudine rimastale da prima che si tagliasse i capelli nell’attuale, corto e audace caschetto biondo. “B, dovresti ballare con noi. Ti abbiamo portata qui così che noi potessimo stare in tua compagnia… Non che Joe non sia interessante.” Fece l’occhiolino al barista, probabilmente sperando di aggiudicarsi qualche bibita gratis. “Ma siamo noi le tue amiche. Dovresti venire a ballare. Non è vero, Jess?”
“Assolutamente,” si disse d’accordo Jessica, guardando Harrison Carlyle che sedeva in un separé dall’altra parte della stanza. Fece una pausa e si voltò verso di noi.
“Aspetta. Come? Non stavo ascoltando.”
“Sembri annoiarti molto qui, B. Voglio che ti diverta anche tu.”
“Sto bene,” mentii, “mi sto divertendo molto. Sapete che non so ballare. Vi sarei d’intralcio. Andate a spassarvela o come si dice. Io me ne starò bene qui.”
Casey strinse gli occhi nocciola su di me. “Sei sicura?” chiese.
“Sicura.”
Si accigliò, ma un attimo dopo alzò le spalle e afferrò Jessica per il polso, tirandola sulla pista da ballo. “Cacchio!”, strillò Jessica, “Rallenta, Case! Mi staccherai un braccio!” Poi si fecero strada allegramente nel mezzo della stanza, sincronizzando già l’ondeggiare dei loro fianchi con il pulsare della musica tecno.
“Perché non gli hai detto che sei infelice?” chiese Joe, spingendo un bicchiere di Coca-Cola alla ciliegia verso di me.
“Non sono infelice.”
“Non sei nemmeno una brava bugiarda,” replicò, prima che un gruppo del primo anno iniziasse a urlare all’altro lato del bancone chiedendo da bere.
Sorseggiai la mia Coca-Cola alla ciliegia guardando l’orologio sopra il bancone. La seconda lancetta sembrava congelata e io pregai che la maledetta fosse rotta o che so io. Non avrei chiesto a Casey e Jessica di andarcene prima delle undici. Un po’ prima e sarei stata una guastafeste. Ma, a detta dell’orologio, non erano nemmeno le nove, e io sentivo già che mi stava venendo un’emicrania da musica tecno, aggravata ulteriormente dal pulsare delle luci stroboscopiche. Muoviti, seconda lancetta! Muoviti!
“Ehilà.”
Ruotai gli occhi e mi voltai ad adocchiare l’indesiderato intruso. Succedeva di tanto in tanto. Un tizio, solitamente strafatto o classificato come fuori di testa*, prendeva posto al mio fianco e faceva un mezzo, ridicolo, tentativo di conversazione. Chiaramente non avevano ereditato il gene dell’osservazione, perché l’espressione sulla mia faccia rendeva maledettamente evidente il fatto che non fossi dell’umore per essere trascinata in piedi.
Sorprendentemente, il ragazzo che si era seduto accanto a me non puzzava né di erba, né di ascella. In realtà, quello che sentivo nell’aria pareva essere profumo. Il mio disgusto non fece che crescere, tuttavia, quando realizzai a chi quel profumo appartenesse. Avrei preferito il tossico dalla mente annebbiata.
Wesley. Stramaledetto. Rush.
“Cosa vuoi?” domandai, senza nemmeno impegnarmi ad essere gentile.
“Non sei una molto socievole?” chiese Wesley con sarcasmo. “A dire il vero, sono venuto per parlare con te.”
“Beh, sei sfortunato. Non parlo con nessuno questa sera.” Sorseggiai rumorosamente il mio drink, sperando afferrasse il malcelato suggerimento di andarsene. Non fui fortunata. Riuscivo a percepire i suo occhi grigio scuro strisciarmi addosso. Poteva almeno fingere di guardarmi negli occhi, no? Puah!
“Andiamo,” mi punzecchiò Wesley, “non c’è bisogno di essere così freddi.”
“Lasciami in pace,” sibilai a denti serrati. “Prova ad andare ad esercitare il tuo fascino su qualche sgualdrina priva di autostima, perché io non ci casco.”
“Oh, non mi interessano le sgualdrine,” disse. “Non fanno per me.”
Sbuffai. “Qualsiasi ragazza che dedichi tempo, Wesley, è sicuramente una sgualdrina. Nessuno con gusto, classe o dignità ti troverebbe davvero attraente.”
Ok. Questa era una piccola bugia.
Wesley Rush era il più disgustoso donnaiolo che aveva mai messo piede nei corridoi della Hamilton High, ma era piuttosto figo. Forse, avendolo potuto impostare in modalità silenziosa e avendo potuto tagliargli le mani forse allora, ma solo forse, sarebbe stato tollerabile. Diversamente, era un vero pezzo di merda. Un animale arrapato, pezzo di merda.
“E suppongo tu abbia gusto, classe e dignità?” chiese sorridente.
“Sì, li ho.”
“Che peccato.”
“Questo è il tuo tentativo di flirtare?” chiesi. “Se è così, stai fallendo. Miseramente.”
Rise. “Non fallisco mai quando flirto.” Fece scorrere le dita tra gli scuri capelli ricci e aggiustò il suo arrogante, piccolo, grande sorriso sbilenco. “Sono solo socievole. Cerco di avere una bella conversazione.”
“Mi spiace, non sono interessata.” Mi voltai e bevvi un altro sorso della mia Coca-Cola alla ciliegia. Lui però non si mosse. Nemmeno di un millimetro. “Puoi andare ora,” dissi energeticamente.
Wesley sospirò: “Bene.  Ma sei davvero poco cooperativa, sai? Quindi immagino di dover essere onesto con te. Devo concedertelo: sei furba e più cocciuta della maggior parte delle ragazze con cui parlo, ma sono qui per qualcosa di più di una conversazione arguta.” Spostò la sua attenzione sulla pista da ballo. “In verità mi serve il tuo aiuto. Vedi, le tue amiche sono fighe. E tu, tesoro, sei la Rora.”
“È almeno una vera parola?”
Racchia. Oscena. Risalta. Amiche,” spiegò. “Senza offesa, ma saresti tu.”
“Io non so…”
“Ehi, non metterti sulla difensiva. Non è che sei un orco o che, ma al confronto…” scosse le ampie spalle. “Pensa a questo: perché ti porterebbero qui se non balli?” Ebbe il coraggio di avvicinarsi e darmi un colpetto sul ginocchio, come se stesse cercando di consolarmi. Mi allontanai velocemente da lui, e le sue dita andarono, invece, a spostare agilmente qualche riccio dal suo viso. “Senti,” mi disse, “hai delle amiche fighe, delle amiche davvero fighe.” Fece una pausa, guardando l’attività sulla pista da ballo per un momento prima di tornare ad affrontarmi. “Il punto è che gli scienziati hanno dimostrato che in ogni gruppo di amici c’è un anello debole, una Rora. E le ragazze sono ben propense verso i ragazzi che socializzano con le Rore.”
“I drogati si fanno chiamare scienziati ora? Questa mi è nuova.”
“Non essere acida,” disse. “Quello che voglio dire è che le ragazze, come le tue amiche, trovano attraenti i ragazzi che dimostrano sensibilità e socializzano con la Rora. Quindi adesso, parlando con te, sto raddoppiando le mie possibilità di scopare stasera. Ti prego assistimi e fingi di apprezzare la conversazione.”
Lo fissai, esterrefatta, a lungo. La bellezza è davvero superficialità. Wesley Rush poteva avere il corpo di un dio greco, ma la sua anima era nera e vuota come l’interno del mio armadio. Razza di bastardo!
Con un movimento repentino saltai in piedi e scagliai il contenuto del mio bicchiere verso Wesley. La Coca-Cola alla ciliegia gli volò addosso, schizzandogli la polo bianca dall’aria costosa. Le gocce dello scuro liquido rosso luccicavano sulle sue guance e coloravano i suoi capelli castani, il suo viso si accese di rabbia e la sua mascella cesellata si strinse con violenza.
“Perché l’hai fatto?” scattò, pulendosi la faccia con il dorso della mano.
“Tu cosa credi?” urlai, i pugni chiusi ai miei lati.
“Onestamente, Rorina, non ne ho la più pallida idea.”
Fiamme di rabbia divamparono sulle mie guance: “Se pensi che permetterò a una delle mie amiche di lasciare questo posto con te, Wesley, ti sta davvero, davvero sbagliando,” sputai, “sei un asino superficiale, disgustoso e donnaiolo e spero che quella bibita macchi la tua maglietta da fighetto.” E appena prima di marciare via guardai oltre la mia spalla e aggiunsi: “E il mio nome non è Rorina. È Bianca. Siamo a scuola insieme dalle medie, egocentrico figlio di puttana.”
Non avrei mai pensato di dirlo, ma grazie a Dio la musica tecno era così alta. Nessuno a parte Joe aveva sentito quel piccolo episodio e, probabilmente, lui aveva pensato che la cosa fosse da scompisciarsi dal ridere. Dovetti farmi largo spingendomi attraverso l’affollata pista da ballo per trovare le mie amiche. Quando le rintraccia, afferrai Casey e Jessica per i gomiti e le tirai verso l’uscita.
“Ehi!” protestò Jessica.
“Che succede?” domandò Casey.
“Ce ne andiamo da questo cazzo di posto,” dissi strattonando i loro corpi recalcitranti dietro di me.
“Vi spiegherò in macchina. Non sopporto di stare in questo buco infernale un secondo di più.”
“Posso prima salutare Harrison?” si lagnò Jessica, tentando di allentare la mia presa sul suo braccio.
“Jessica!”, il mio collo scroccò dolorosamente quando mi girai ad affrontarla, “È gay! Non hai nessuna possibilità, quindi piantala. Ho bisogno di uscire di qui. Ti prego.”
Le tirai nel parcheggio, dove la gelida aria di Gennaio sfregiò la pelle nuda dei nostri volti. Cedendo, Casey e Jessica mi si avvicinarono una da una parte e una dall’altra. Dovevano aver scoperto che il loro abbigliamento, pensato per essere sexy, era mal equipaggiato per resistere alla bassa temperatura. Ci muovemmo in gruppo verso la mia macchina, separandoci solo quando raggiungemmo il paraurti anteriore. Schiacciai il pulsante di apertura della mia chiave automatica così che potessimo arrampicarci nella cabina, leggermente più calda, della mia Saturn senza ulteriori indugi.
Casey si raggomitolò sul sedile anteriore e, attraverso i denti che battevano, disse: “Perché ce ne stiamo andando così presto? B, sono solo le nove e un quarto.”
Avvolta come un bozzolo in una vecchia coperta sul sedile posteriore (quel pezzo di merda del mio riscaldamento decideva raramente di funzionare, quindi tenevo una scorta di coperte sul pavimento), Jessica mise il broncio.
“Ho litigato con qualcuno,” spiegai, affondando la chiave nel cruscotto con eccessiva forza, “gli ho lanciato addosso la mia Coca e non voglio restare nei paraggi ad attendere la sua risposta.”
“Chi è?” domandò Casey.
Temevo quella domanda perché sapevo la reazione che avrei ottenuto. “Wesley Rush.”
Due sospiri d’estasi femminili seguirono la mia risposta.
“Oh, andiamo,” esalai, “quel ragazzo è una puttana. Non lo sopporto. Va a letto con qualsiasi cosa si muova e ha il cervello nei pantaloni, che significa che è microscopico.”
“Dubito,” disse Casey con un altro sospiro.
“Dio, B, solo tu potevi trovare un difetto in Wesley Rush.”
La fissai mentre voltavo la mia testa per far retromarcia fuori dal parcheggio. “È un cretino.”
“Non è vero,” mi interruppe Jessica. “Jeanine ha detto che di recente le ha parlato ad una festa. Lei era con Vikki e Angela e ha detto che lui è arrivato e si è seduto di fianco a lei. Era davvero socievole.”
Aveva senso. Jeanine era decisamente la Rora se era fuori con Angela e Vikki. Mi domandai quale di loro se ne fosse andata con Wesley quella sera.
“È affascinante,” disse Casey. “Stai solo facendo Miss Cinica, come al solito.” Mi fece un caloroso sorriso dall’altra parte della cabina. “Ma che diavolo ti ha fatto per farsi lanciare una Coca addosso?”
Adesso sembrava preoccupata. Ce ne aveva messo. “Ti ha detto qualcosa, B?”
“No,” mentii, “non è nulla. Mi sta solo sui coglioni.” Rora.
Quella parola mi rimbalzò in testa mentre mi dirigevo lungo la Quinta Strada. Non riuscivo a costringermi a dire alle mie amiche del meraviglioso, nuovo insulto che era appena stato aggiunto al mio vocabolario; ma quando mi osservai nello specchietto retrovisore, l’affermazione di Wesley che io fossi la brutta, indesiderata accompagnatrice (o meglio accompagnatrice trascinata) sembrò trovare conferma. La perfetta figura a clessidra di Jessica e i caldi, accoglienti occhi castani. La corporatura impeccabile e le chilometriche gambe di Casey. Non potevo competere con nessuna delle due.
“Beh, direi di andare a un’altra festa, dato che è così presto,” suggerì Casey, “ho sentito parlare di una a Oak Hill. Un qualche studente universitario è a casa per le vacanze di Natale e ha deciso di dare una festa enorme. Angela me ne ha parlato questa mattina. Volete andare?”
“Sì!”, Jessica si raddrizzò sotto la coperta, “Dovremmo decisamente andare! Alle feste universitarie ci sono gli universitari. Non sarebbe divertente, Bianca?”
Sospirai: “No. In realtà, no.”
“Oh, andiamo.” Casey si allungò e mi strizzò il braccio. “Non balliamo questa volta, ok? E Jess e io promettiamo di tenere tutti i ragazzi fighi alla larga da te, dato che chiaramente li odi.” Fece un sorrisetto, cercando di esortarmi di nuovo ad essere di buon umore.
“Non odio i ragazzi fighi,” le dissi, “solo quello.”
Dopo un momento sospirai e girai verso l’autostrada, diretta al confine di provincia.
“D’accordo, andiamo. Ma dopo voi due mi comprerete il gelato. Due palline.”

“Affare fatto.”

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