Ciao ragazze!
Oggi diamo spazio ai self tutti made in Italy e, più precisamente, a
quasi tre mesi dall’uscita, vorrei parlarvi di un romanzo dalla copertina
stupenda che è rimasto a fare la polvere per un bel po’ nel mio kindle. L’avevo
acquistato non appena uscito… ma voi lettrici come me sapete come va il mondo.
Acquisti un romanzo, ne acquisti un altro, sei arrabbiata perché tra poco esce
quello che desideri da anni… e poi inizi a leggerne uno che avevi adocchiato
circa un secolo prima. E non puoi staccarti perché è semplicemente meraviglioso.
Ecco, in poche parole, la storia di come la vostra
Robi si è approcciata a…
- Titolo: A second life – Quando la neve si scioglie
- Autore: Alice Elle
- Romanzo self published
- Pagine: 280
- Da acquistare sì o no? La copertina è già un programma!!
- Voto: 8 e mezzo
Voto copertina:
Non sono passate poche settimane da quando Elena
ha ricevuto la chiamata che le ha sconvolto la vita. Si tratta di Giacomo, suo
marito, che è rimasto vittima di un incidente sul lavoro: nella piattaforma
petrolifera in Qatar si è staccato un cavo che la colpito di getto, come la
fucilata di un fucile. Il pover uomo non ha sofferto minimamente, ma la sua
precoce dipartita ha lasciato tutti con il groppone in gola.
Elena ha conosciuta Giacomo quando erano entrambi
ragazzini: insieme hanno vissuto una vita meravigliosa, coronata da uno
splendido matrimonio. Non erano solo amico e moglie: lui era il suo amante, il
suo migliore amico, il suo confidente…
Ora la donna è da sola, vedova a neanche
trent’anni, senza figli, ma con tante lacrime che ancora devono essere ancora
versate. La casa è vuota e silenziosa, come l’anima di chi ci vive. Elena sente
di cadere sempre più in uno stato di depressione acuta, che nemmeno la madre e
le amiche riescono a mitigare.
Quando decide di partire per la Bielorussia, non
ha in mente solo il progetto al quale sarà destinata l’assicurazione di
Giacomo: si è prefissata di cercare di dimenticare il marito, buttandosi a
capofitto in quella che sarà la nuova routine.
In un paesino a due ore da Minsk, c’è un centro di
recupero per bambini vittime delle radiazioni del fungo atomico di Chernobyl.
Quella che al mondo Occidentale può sembrare una storia del passato, in alcuni
paesi è ancora la realtà che molti bambini vivono sulla propria pelle.
Il centro è piccolo, ma ordinato. Solamente due
bambini mostrano segni visibili delle radiazioni, mentre gli altri, perlopiù,
soffrono di ipertiroidismo. Lidija, l’infermiera che è venuta a prenderla
all’aeroporto, sembra volerla farla rifugiare sotto la sua ala: le spiega tutto
quello che c’è da sapere sul centro e la fa sedere vicino al dottor Mikahil, un
uomo molto alto e biondissimo, con degli occhi freddi e lo sguardo rigido.
Mikahil l’avverte delle insidie del lavoro, che
sono soprattutto a carattere psicologico: non può permettersi di affezionarsi a
quei bambini, deve essere dolce ma al contempo distaccata.
Elena sa che questi avvertimenti sono giusti, ma
non riesce a metterli in pratica solo in parte. Sente su di sé lo sguardo
freddo del dottore e il suo disappunto, eppure non riesce a essere totalmente
distaccata nemmeno con lui. Le piacerebbe avere un amico, qualcuno con cui
passare le serate, nonostante il suo corpo desideri qualcosa di meno casto.
Tutto cambia improvvisamente, come se Mikahil si
fosse reso conto che il suo modo burbero di affrontare lei e le giornate avesse
messo in difficoltà lei e i piccoli pazienti: inizia a essere più amichevole,
le dimostra di essere umano e non un robot, e si offre di accompagnarla a fare
trekking.
Durante quella giornata tutto cambia: il dottore
le rivela il perché del suo carattere freddo e distaccato, le racconta la
storia della sua vita e le conseguenze che del disastro di Chernobyl.
Elena gli offre tutto il conforto possibile,
perché sa cosa significa perdere delle persone care.
Tra i due l’attrazione è palpabile, ma anche i
sentimenti spingono per poter emergere.
Potranno due anime devastate e a pezzi,
completarsi semplicemente stando insieme?
Avevo questo romanzo sul kindle da tre mesi e
quando, finalmente, ho deciso di leggerlo… ho impiegato meno di 24 ore. È uno
di quei romanzi che non riesci a posare, che devi per forza terminare una volta
iniziato, che ti spinge a girare pagina, dopo pagina, dopo pagina.
L’autrice, come spiega anche nelle note finali, ha
cercato di essere il più realistica possibile, ma se avete notizie rispetto al
disastro nucleare e ai bambini di
Chernobyl che cozzano completamente con il romanzo, non esitate a
contattarla.
Questo lato del romanzo fa riflettere, non è vero?
Effettivamente finché una cosa fa notizia, ecco che arrivano i soccorsi, si
mandano i container e gli aiuti monetari. Un disastro ecologico di questo
genere non può essere spazzato in un decennio ed è brutto che non se ne parli
più. E la cosa ancora più brutta è che la centrale di Chernobyl venga usata in
una trashata assurda come la serie tv Shadowhunters.
A second
life mi
è piaciuto davvero molto, soprattutto perché non si tratta di un romanzo
scontato. All’inizio è un po’ lento, tuttavia non fa che migliorare con il
passare delle pagine. Elena è proprio un bel personaggio, forte e delicato allo
stesso tempo: ha trovato la forza di rialzarsi nel momento più buio della sua
vita, combinare qualcosa di buono e ricominciare, finalmente, a essere felice.
Mikahil è un personaggio molto complesso, a volte
non sono riuscita a capirlo appieno. Ha un grande carattere e un grande senso
del dovere, ne ho incontrati davvero pochi di personaggi così. Ha avuto
un’adolescenza davvero difficile, segnata da quella bruttissima catastrofe.
La mia scena preferita è decisamente il trekking nel parco: la cura che
Mikahil ha avuto nel preparare i panini e nell’accompagnarla durante il
percorso, la voglia che ha mostrato nel creare un ponte con Elena, nonostante
le differenze, tutte le emozioni contrastanti che prova quando la vede… credo
che Alice, quando ha descritto i sentimenti di Mikahil abbia dato proprio il
suo meglio, credo abbia messo tutta se stessa nell’interpretare la situazione
al meglio, cercando di rendere la scena il più reale possibile.
Alice Elle ha uno stile fresco e fluido: sa quando
è il momento di calcare la mano, sottolineando i momenti più importanti e
lasciando perdere aggiunte di dettagli meno importanti. All’inizio si fa un po’
fatica a ingranare: non si conoscono ancora tutti i dettagli e mi sono
continuata a chiedere quali fossero i tasselli che mancavano al mio puzzle. Una
volta completato il quadro, con la presentazione di tutti i personaggi, anche
dei piccoli pazienti, la situazione si è fatta sempre più chiara.
Tra di loro, il mio preferito è certamente è il
piccolo Leonid: biondo e vivacissimo, è facilissimo per il lettore affezionarsi
a lui… così come per Elena.
Beh, a dir la verità mi sono piaciuti tutti i
personaggi e, per la prima volta, non riesco a scegliere quale sia il mio
preferito.
Per cosa ricorderò A second life?
Beh, per le scene descrittive. Le descrizioni del
romanzo sono magistrali, sia quelle che riguardano il paesaggio, sia quelle
incentrate sui personaggi.
Beh, il romanzo è autoconclusivo… quindi non
dobbiamo aspettare un sequel.
Ma spero che Alice non smetta mai di scrivere!!
E voi, che ne pensate? Avete già letto A second
life? Beh, io spero che la mia recensione vi abbia incuriosito :)
Sotto trovate il link per l’acquisto… Non fatevelo
scappare!
Un abbraccio e… buona lettura!
Roberta
Ma... ma... Me l'ero persa! Grazie! ♥
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