giovedì 1 settembre 2016

Recensione: Il manifesto della felicità


Ciao fanciulle!
Per il romanzo #intramontabile di oggi, vi propongo qualcosa di diverso dal solito. Un romanzo che all’apparenza può sembrare un’inutile storia d’amore, ma che, in realtà, racchiude qualcosa di completamente diverso.
Preparatevi a scoprire con noi…

  • Titolo: Il manifesto della felicità
  • Autore: Lucy-Ann Holmes
  • Casa Editrice: Fabbri
  • Pagine: 318
  • Da leggere sì o no? Romanzo particolare che dà spunti di riflessione interessanti
  • Voto: 7 e mezzo


Voto copertina:


Alle superiori tutti abbiamo avuto quel momento no. E, ammettiamolo, forse ce n’è stato più di uno. Tutte ci siamo sentite prese in giro, non adatte né al luogo né alla situazione. La cosa non migliora quando entrano in gioco i bulli.
È un periodo nero che più nero non si può, assolutamente impossibile da recuperare e che non potrà mai finire.
Questo è quello che pensa Janny Talia. Avrebbe passato tutte le sue giornate nel letto a pensare a come suicidarsi, quando ecco che entra in gioco l’amica Philippa che le scrive dieci regole basilari per vivere ogni sua giornata al meglio.
Le regole de Il manifesto della felicità.
Philippa aiuta l’amica a uscire dalla depressione e l’aiuta a trasformarsi nella donna che ha sempre voluto essere. Cambia il suo nome da Janny a Fanny, la supporta in ogni cambio di look, di stile e di tinta per capelli ed esce con lei a ubriacarsi.
Gli anni passano e Fanny è una persona completamente nuova, quella che ha sempre voluto essere: lavora come segretaria in un ambulatorio medico e, quando vede che i pazienti sono un attimo sottotono, inserisce nel lettore della tv un dvd di una serie tv comica, ho uno stile unico e dei capelli improponibili che la fanno sentire allegra e piena di energia. E non dimentichiamoci che ha anche un ragazzo, Matt.
Le cose nel tranquillo paesello inglese dove vive vanno a gonfie vele, fino all’arrivo di sua mamma.
Fanny non è mai andata d’accordo con i suoi genitori, soprattutto con il padre. Non ha mai avuto una briciola di bontà o di affetto per lei. Sentirlo, anche solo per telefono, all’apparenza potrebbe sembrare l’esperienza più traumatica della sua vita.
È per quel motivo che, quando la madre la chiama dicendo che ha lasciato il padre e le chiede se vuole stare da lei per un po’, Fanny va subito in agitazione.
Poi però si ricorda che non è più la ragazzina delle superiori, è una donna che ha capito il suo vero potenziale. E che, seguendo le regole del manifesto della felicità, sa che sta vivendo la vita appieno.
Ma l’arrivo della madre cambia tutto, o meglio, mette tutto in discussione. Il suo lavoro le piace davvero o forse non ha il coraggio di tentare qualcosa di più ardito? E Matt è davvero il ragazzo che fa al caso suo? Non sarebbe meglio dare una chance a Joe King, che sembra essere proprio il ragazzo giusto per lei?


Non ho mai letto un romanzo come questo. O meglio, non ho mai letto di una protagonista come Fanny. È un peccato che il gioco di parole rappresentato dai nomi sia capibile solo ai lettori di lingua inglese (Jenny Talia = genitalia, cioè genitali, Joe King = joking cioè scherzare), ma credo che, da un punto di vista traduttivo, cambiare il nome dei personaggi cercando di adattarli a qualche gioco di parole italiano non possa essere possibile. E mantenere il nome inglese cercando giochi di parole in italiano sia davvero difficile.
Fanny non è una ragazza come tante altre: è stata vittima di bullismo, è scappata di casa perché i suoi genitori non la facevano stare bene, ha superato la depressione e ha iniziato a vivere la vita seguendo le proprie regole. Alzi la mano chi lo farebbe.
Contemporaneamente, con l’arrivo di Pam, la madre, la propria visione del mondo cambia. Lavorare all’ambulatorio medico è davvero bello, ma vuole davvero farlo per tutto il resto della vita?
E Matt, l’instancabile lavoratore, l’uomo che indossa sempre i completi e ha paura a fare qualcosa anche leggermente sopra le righe, è davvero l’uomo giusto per lei? Perché Fanny si ostina a rispondere affermativamente anche quando sa che lui non l’apprezza per quello che è, ma per l’immagine che si è fatto di lei?
E perché Fanny continua a pensare a Joe King? Perché continua a metterlo a confronto con Matt, a metterli sulla bilancia?
E il suo fidanzato continua a perdere perché Joe King non ha difetti, ma solo punti di forza.



Di per sé il libro potrebbe avere una trama interessante, eppure credo che l’autrice non sia riuscita a sfruttarla appieno. Non mancano i colpi di scena, devo ammettere che è stata molto brava a dosarli, ma a volte sembra che le scene siano state scritte a metà, sembra che manchi qualcosa.
Non so se anche voi la pensate come me, ma io credo che tutti i romanzi che leggiamo sappiano darci un insegnamento, sappiano trasmetterci qualcosa. Il manifesto della felicità non ne trasmette uno solo, ma molti, molti di più. In questo modo, però, non tutti sono sufficientemente approfonditi, si fa fatica a seguire il filo del discorso.
È davvero un peccato vedere del potenziale sprecato in questo modo, non trovate?




Quindi, io aspetto un secondo parere!
Leggete il libro e ditemi che ne pensate, sono davvero curiosa :)
Un abbraccio e… buona lettura!

Robi

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