domenica 10 aprile 2016

Anteprima: Ovunque con te


Salve nuvoline e buonissima domenica!
Come state? Diteci un po'... oggi il vostro fidato AnniDiNuvole vi parla del nuovo romanzo di Katie McGarry in uscita in Italia il 14 aprile: Ovunque con te
Amate anche voi, proprio come amiamo noi, questa autrice? E siete curiosi di scoprire qualcosa in più di questa nuovissima storia? Bhè... oggi noi vi diamo in super anteprima le prime pagine di questo nuovo libro!
Rimanete con noi.

La serie "Thunder Road" è composta da:

1. Ovunque con te - 14 aprile 2016
2. Walk the edge - 2016 in USA
3. (Da definire) – 2017 in USA
4. (Da definire) – 2018 in USA




TramaLa diciassettenne Emily ama la sua vita così com'è: genitori amorevoli, buoni amici, ottima scuola in un quartiere sicuro. Certo, lei è curiosa del suo padre biologico, quello che ha scelto la vita del club motociclistico, il Reign of Terror, invece di fare il genitore, ma questo non significa che voglia far parte del suo mondo. Ma quando una visita contro voglia si trasforma in una lunga vacanza estiva tra parenti che non sapeva di avere, una cosa diventa chiara: nulla è ciò che sembra. Il club, suo padre che ha tanti segreti, Oz, un ragazzo dai voraci occhi azzurri che può aiutarla a capire entrambi. Oz vuole una cosa: entrare nel Reign of Terror. Sono bravi ragazzi. Proteggono le persone. Sono... famiglia. E mentre Emily -la figlia bellissima e protetta del membro più rispettato del club- è in città, ha intenzione di dimostrarglielo. Così, quando il padre gli chiede di tenerla al sicuro da un rivale del club con un conto in sospeso, Oz sa che è l'occasione per esaudire il suo sogno. Quello che Oz non ha calcolato è che proprio Emily potrebbe ribaltare quel sogno. Nessuno vuole che stiano insieme. Ma a volte la persona giusta è quella che meno te lo aspetti, e la strada che si teme di più è quella che ti porta a casa.


Emily

I tre peggiori momenti della mia vita.
Incontrare il mio padre biologico a dieci anni.
Rompermi un braccio in tre punti diversi a nove anni.
Cadere in un buco e restarci intrappolata per una notte intera insieme ad un cadavere a otto anni.
A parte questo, amo la mia vita. Mentre alcuni miei amici sono tutti un: “Povero me, nessuno capisce la mia anima traumatizzata,” io sono piuttosto felice. Mi piace la felicità. Mi piace la semplicità. Mi piace la prevedibilità ed odio le sorprese.
Detto questo, non sono particolarmente entusiasta quando mio padre prova ad allungarmi un pezzo di carta che fa venire un nodo alla gola a mia madre e la fa scusare per dover lasciare la cucina.
Papà ed io continuiamo a fissarci mentre sentiamo mamma precipitarsi su per le scale e chiudere la porta della loro stanza. La vita è fuori binario ed è facilmente intuibile. I piatti sporchi sono impilati nel lavandino. Una catasta di posta chiusa è gettata sull’isola. Una pila di fazzoletti accartocciati crea una montagna sul tavolo di legno ovale. La cucina gialla, che questa mattina sembrava allegra, è adombrata da temporalesche nubi di emotività.
L’imbarazzante silenzio tra me e mio padre sta ufficialmente iniziando a diventare doloroso. Mi muovo sotto pressione e il mio piede da un colpo al mio zaino che sta sul pavimento.
“Dovresti seguirla,” dico per rompere l’immobilità ed ignorare il fatto che non ho ancora accettato quello che papà mi sta offrendo.
Inoltre, papà sa sempre come tirar fuori mamma dal suo buco nero, è una delle mille cose che amo di lui.
“Ci andrò.” Le sue labbra si alzano un poco, un chiaro indizio che sta pianificando di fare il furbo con me. “Come vuoi gestirla? Direttamente, con una graduale introduzione o nascondendo la testa nella sabbia?”
Mi illumino: “La testa nella sabbia mi sta bene.”
“Bel tentativo, ma scegli un’altra opzione.”
D’accordo. “Gradualmente.”
“Com’è essere all’ultimo anno?”
Nonostante l’imminente consapevolezza che la mia vita sta per iniziare a fare schifo, sorrido. Sono entrata in cucina, dopo il mio ultimo giorno di scuola, aspettandomi di decantare a mia madre di come io e Trisha fossimo state invitate alla festa di Blake Harris di questa sera.
Cosa non mi ero aspettata? Papà a casa, mamma in lacrime ed un biglietto che probabilmente porta notizie dall’inferno. “È fantastico. Sarebbe ancora più fantastico se mettessi quel pezzo di carta in un cestino dei rifiuti.”
“Per favore, leggilo,” mi fa pressione papà. “È stato difficile per tua madre decidere di fartelo vedere, e dovremmo rispettare i suoi desideri.”
Il mio stomaco fa male come se ci avessero dato una gomitata dentro. La reazione debilitante di mia madre significa una sola cosa: contatti dalla sua casa di bambina in Kentucky.
Il Kentucky è un argomento doloroso per lei e non c’è nulla che non farei per alleviare la sua sofferenza perché, finché papà non è apparso e mi ha adottata quando avevo cinque anni, mamma mi ha cresciuta da sola. Questo merita considerevole rispetto.
Con la coda dell’occhio guardo il collage di foto incorniciate appese al muro. Quella nel mezzo è la mia preferita, è una otto per dieci del giorno del matrimonio di mamma e papà. Mamma ha un vestito da sposa bianco, è slanciata ed elegante. I lucidi capelli biondi le cadono sulle spalle mentre mi sorride raggiante. Papà è accovacciato di fianco a me, i capelli baciati dal sole risultano considerevolmente biondi in contrasto con il completo nero. Sta infilando una rosa nei miei capelli castano scuro. Io ho cinque anni e lo guardo come se fosse Superman. Perché lo è. Il mio supereroe personale. Mi ha adottata pochi giorni prima di sposare mia mamma.
Papà si schiarisce la gola e io afferro il foglio dalle sue mani con il giusto quantitativo di irritazione. Mi farò un giro in questo oscuro tunnel di follia per qualche minuto… per lui e per la mamma.
È una e-mail, è corta e dritta al punto ed è da parte del mio padre biologico.

Jeff,
per favore dillo ad Emily.
Eli

Sotto il messaggio ci sono un necrologio e la foto di una donna che non ho mai conosciuto. Il suo nome è Olivia McKinley ed è la madre di Eli. Un sospiro considerato sfugge alle mie labbra e mi accuccio nel mio posto a tavola. Per favore dillo ad Emily. Eli fa del suo meglio per lasciare un segno. Forse non un bel segno, ma un segno nondimeno.
Strizzo un angolo delle labbra mentre assimilo il necrologio di Olivia. È la prima volta che vedo una sua foto. Eli ha parlato di lei durante i nostri incontri occasionali, ma non ha mai tracciato bene la sua immagine mentale perché io potessi raffigurarla.
Eli è questo motociclista con cui mia madre andava una volta e che ci ha abbandonate non appena mamma ha detto: “Ho un ritardo.” Sebbene abbia seminato mia madre, ha dato a me i miei capelli castano scuro e un paio di occhi dello stesso colore e la tonnellata di lentiggini sul ponte del mio naso. A parte questo, però, non mi ha dato molto altro.
“Quindi…” esitazione totale mentre scovo le parole giuste. “La madre di Eli è morta.”
“Esatto. Tua madre vuole che partecipiamo al funerale.”
Ehm… non frequento funerali e cimiteri. Mamma e papà sono a conoscenza della cosa. Le mie dita picchiettano sul tavolo. C’è sicuramente un’uscita diplomatica da questa cosa. Devo trovarla e devo farlo in fretta. “Perché vuole andare? Non per essere maleducata, ma non conosciamo questa signora. A malapena conosciamo Eli e… beh… pensavo che mamma odiasse il Kentucky.”
Papà si friziona il retro della testa. “Non so perché. Ho inoltrato l’email a tua madre questa mattina. Pochi minuti dopo mi ha chiamato al lavoro in lacrime. Sono tornato a casa e aveva già comprato i biglietti aerei. Ne so tanto quanto te, ma c’è una cosa che so. Non mi piace vedere tua madre piangere.”
Nemmeno a me.
“Cosa ne pensi, Em?”
Scrollo le spalle. Non ci sono parole. Nessuna. Niente di niente. Zero. Nada. “Non capisco.”
“Lo so.”
Tutto qui? Lo sa? “Speravo in qualcosa più del tipo: ‘Parlerò con la mamma e la convincerò ad archiviare la pazzia per qualche giorno.’ Voglio dire, stiamo sottovalutando il valore di un biglietto in bella grafia attaccato a un bel mazzo di fiori.”
Papà fa quella sua cosa del mutismo mentre rimugina su una risposta. È il motivo numero un milione ed uno per cui gli voglio bene. Papà raramente si arrabbia o grida. Analizza a fondo ogni cosa.
“Non pretendo di capire granché di tutto questo,” dice. “Ma è importante per tua madre, e tu e lei siete le due cose più importanti per me. Se ha bisogno di partecipare a questo funerale, allora parteciperemo.”
“E se io non volessi partecipare?”
I pazienti occhi blu di papà mi scrutano e io considero l’alternativa di nascondermi sotto il tavolo prima che noti quanto la prospettiva mi infastidisca. Gente morta. Mi sta chiedendo di andare volontariamente in un edificio in cui c’è della gente morta. Dentro di me sto urlando. Un urlo molto rumoroso, maniacale.
“Tua madre ed io saremo lì e nulla ti farà del male. Per dipiù, tu ed io ne abbiamo già parlato. Il miglior modo per superare le tue paure è affrontarle.”
Certo, le sue parole suonano bene, ma c’è questa grave ansia che mi avvolge come un sudario. L’orticaria appare sul mio polso e io mi graffio sotto il tavolo mentre faccio un breve sorriso forzato. “Stai dicendo che un cadavere non tornerà in vita per provare a mangiarmi?”
“Mi arrischio persino a dire che sei al sicuro dal vivere un episodio di The Walking Dead.”


Traduzione a cura di 
Federica Bernardelli

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