lunedì 14 marzo 2016

Anteprima: L'amore è un disastro


Salve cari lettori e buon inizio di settimana!
Oggi vi parliamo di un libro che sicuramente molti di voi stavano aspettando, fin da Abby e Travis. 
Avete capito di cosa sto parlando? Bhè... continuate nella lettura! Una super #anteprima solo per voi.
In arrivo in Italia il 12 maggio, siamo tutti pronti per scoprire la storia di America e Shep?





TramaQuando ci sono in gioco i sentimenti, niente è semplice. Anche l’intesa più profonda deve superare degli ostacoli, deve mettersi alla prova. Soprattutto se i tuoi migliori amici sono Travis e Abby, la coppia perfetta che ora si è giurata eterno amore. Shep vuole seguire il loro esempio, mentre America ha paura di fare un passo così importante. Ha paura dell’intensità di quello che prova per lui. Ci vuole coraggio per affidarsi totalmente a un’altra persona. All’improvviso tra loro ci sono parole in sospeso. E a nulla valgono i consigli di Abby e Travis. Fino al giorno in cui decidono di partire insieme per un weekend. Due giorni che cambieranno ogni cosa tra America e Shep. Perché ci sono momenti in cui il destino sa leggere quello che c’è in fondo al cuore e che non si riesce ad ammettere nemmeno a sé stessi.

La serie "Uno splendido disastro" è composta da:

1- Uno splendido disastro
2- Il mio disastro sei tu
3- Un disastro è per sempre
4- Uno splendido sbaglio
5- Un indimenticabile disastro (recensione QUI)
6- L'amore è un disastro


PROLOGO

SHEPLEY

“Smettila di fare la femminuccia,” disse Travis, dandomi un pugno sul braccio.
Mi accigliai e sbircia intorno a noi per vedere se qualcuno avesse sentito. Molti dei miei compagni del primo anno erano a portata d’orecchio, ci sorpassavano diretti alla mensa della Eastern State University per l’orientamento. Riconobbi diverse facce della Eakins High, ma ce n’erano molte altre che non riconoscevo, come le due ragazze che stavano entrando insieme. Una aveva un cardigan e una treccia castano chiaro, l’altra dorate onde da spiaggia e un paio di pantaloncini corti. Lanciò un’occhiata per mezzo secondo nella mia direzione e poi passò oltre, come se io fossi stato un oggetto inanimato.
Travis trattenne le mani, aveva un polsino di spessa pelle nera al polso sinistro. Volevo strapparglielo e usarlo per schiaffeggiarlo.
“Scusa, Shepley Maddox!” urlò il mio nome mentre si guardava intorno, suonando come un robot o un pessimo attore. Avvicinandosi, sussurrò: “Ho scordato che non dovrei chiamarti più così o, perlomeno, non al campus.”
“O dovunque, cretino. Perché sei venuto sei dovevi comportarti da stronzo?” chiesi.
Con le nocche, Travis diede un colpo alla parte inferiore della visiera del mio cappello da baseball, facendolo quasi cadere prima che lo afferrassi. “Mi ricordo l’orientamento per le matricole. Non posso credere che sia passato un anno. Che strano, cazzo.” Tirando fuori un accendino dalla tasca, si accese una sigaretta e rilasciò uno sbuffo di fumo grigio.
Un paio di ragazze che gironzolavano lì attorno andarono in estasi, e io cercai di non vomitare.
“Tu sei strano, cazzo. Grazie per avermi fatto vedere dove devo andare. Ora vattene.”
“Ehi, Travis,” disse una ragazza alla fine del marciapiede.
Travis le fece un cenno e poi mi diede una gomitata, forte. “A dopo, cugino. Mentre tu ascolti queste noiose merdate, io vado a sbattermi quella mora.”
Travis salutò la ragazza, chiunque ella fosse. L’avevo vista in alcuni sottoscala del campus l’anno prima quando ero venuto con Travis ai suoi incontri al Cerchio, ma non ne conoscevo il nome. Avrei potuto guardarla interagire con Travis e imparare tutto ciò che c’era da sapere. Lei era già stata conquistata.
Il conteggio settimanale di Travis si era un po’ abbassato rispetto al suo primo anno, ma non di molto. Non lo aveva detto ad alta voce, ma si vedeva che era annoiato dalla mancanza di sfida delle studentesse. Non vedevo l’ora di incontrare una ragazza che lui non avesse piegato sopra il nostro divano.
La pesante porta ebbe bisogno di più di uno strattone, poi entrai, sentendo l’istantaneo sollievo dell’aria condizionata. Dei tavoli rettangolari uniti, coda contro coda, formavano cinque file, separate strategicamente per poter passare e accedere alla coda per il cibo ed il tavolo delle insalate. Un solo tavolo circolare era posizionato in un angolo. Lì, sedevano la bionda con la sua amica e un tizio appariscente con una cresta ossigenata che lo faceva sembrare come se la attaccatura dei suoi capelli avesse sbattuto contro un muro.
Darius Washington era seduto alla fine della fila di tavoli, sufficientemente vicino al tavolo rotondo, quindi attesi che mi vedesse. Una volta che ebbe alzato lo sguardo, mi fece un cenno, come avevo sperato, e io mi unii a lui, piuttosto eccitato dall’essere a meno di tre metri dalla bionda. Non guardai all’indietro. Travis era un idiota arrogante per la maggior parte del tempo, ma stare con lui significava lezioni gratuite su come attirare l’attenzione di una ragazza.
Lezione numero uno: inseguire, ma non correre.
Darius gesticolò alle persone sedute al tavolo rotondo.
“Le conosci?” accennai.
Lui scosse la testa. “Solo Finch. L’ho incontrato ieri quando mi sono trasferito al dormitorio. Fa morir dal ridere.”
“E le ragazze?”
“No, ma sono fighe. Entrambe.”
“Ho bisogno che qualcuno mi presenti alla bionda.”
“Finch sembra essere suo amico. Stanno parlando da quando si sono seduti. Vedo cosa posso fare.”
Posizionai la mano fermamente sulla sua spalla, sbirciando dietro.
Gli occhi di lei incontrarono i miei, sorrise e distolse lo sguardo.
Rilassati, Shep. Non mandare tutto all’aria.
Aspettare che qualcosa tanto noioso quanto l’orientamento finisse fu reso ancora peggio dall’aspettativa di conoscere quella ragazza. Ogni tanto, la sentivo ridacchiare. Mi ero ripromesso che non mi sarei voltato, ma fallii ripetutamente. Era bellissima, con giganti occhi verdi e lunghi capelli ondulati, come se fosse appena stata nell’oceano e li avesse lasciati asciugare all’aria e al sole. Più cercavo di ascoltare la sua voce, più mi sentivo ridicolo, ma c’era qualcosa in lei, sin da quel primo sguardo, che mi aveva fatto pianificare svariati modi per impressionarla o farla ridere. Avrei fatto qualsiasi cosa per ottenere la sua attenzione, anche solo per cinque minuti.
Una volta che ci furono consegnati i nostri pacchetti e che la disposizione del campus, il programma dei pasti e le regole ci furono spiegate fino alla nausea, il Decano degli Studenti, il signor Johnson, ci congedò.
“Aspetta finché non siamo fuori,” dissi.
Darius annuì. “Non ti preoccupare. Ti aiuto io. Proprio come ai vecchi tempi.”
“Ai vecchi tempi, rincorrevamo ragazze delle superiori. Lei non è decisamente una ragazza delle superiori. Probabilmente non lo era nemmeno quando c’era, alle superiori,” dissi, seguendo Darius fuori. “È sicura di sé. Sembra anche che abbia dell’esperienza.”
“Nah, amico. A me sembra una brava ragazza.”
“Non quel tipo di esperienza,” ringhiai.
Darius rise sotto i baffi. “Calmati. Non l’hai nemmeno conosciuta. Devi essere cauto. Ricordi Anya? Sei rimasto incasinato con lei e pensavamo tutti che stessi per morire.”
“Ehi, cazzone,” disse Travis da sotto un albero ombroso, a circa novanta metri dall’entrata. Soffiò fuori un ultimo sbuffo di fumo e scrollò la brace, schiacciandola al suolo con lo stivale. Aveva lo sguardo soddisfatto di un uomo post-orgasmo.
“Come?” chiesi incredulo.
“La sua stanza è giusto lì,” disse, muovendo la testa in direzione della Morgan Hall.
“Darius mi presenterà una ragazza,” dissi. “Solo… tieni la bocca chiusa.”
Travis inarcò un sopracciglio e poi annuì una sola volta.
“Certo, caro.”
“Sono serio,” dissi, lanciandogli un’occhiata. Cacciai le mani nelle tasche dei jeans e feci un respiro profondo, osservando Darius che faceva due chiacchiere con Finch.
La ragazza castana se n’era già andata ma, per fortuna, la sua amica sembrava interessata a restare nei paraggi.
“Smettila di agitarti,” disse Travis. “Sembra che tu stia per pisciarti addosso.”
“Sta zitto,” sibilai.
Darius puntò nella mia direzione e Finch e la ragazza bionda guardarono verso Travis e me.
“Cazzo,” dissi, guardando mio cugino. “Parla con me. Sembriamo degli stalker.”
“Stai da sogno,” disse Travis. “Sarà amore a prima vista.”
“Stanno… stanno venendo verso qui?” domandai. Il mio cuore pareva stesse per uscirmi dalla gabbia toracica, e sentii l’urgente necessità di prendere a calci in culo Travis per essere così superficiale.
Travis diede un’occhiata con la sua visione periferica. “Sì.”
“Sì?” dissi, cercando di sopprimere un sorriso. Una goccia di sudore sfuggì dalla mia attaccatura dei capelli e io la tolsi velocemente.
Travis scosse il capo. “Ti sto per dare un calcio nei coglioni. Stai già dando di matto per questa ragazza, e non l’hai nemmeno conosciuta.”
“Ehi,” disse Darius.
Mi voltai, colpendo la mano che mi stava porgendo, a metà tra un cinque e una stretta di mano.
“Questo è Finch,” disse Darius. “Vive nella stanza accanto alla mia.”
“Ciao,” disse Finch, stringendomi la mano con un sorriso provocante.
“Io sono America,” disse la ragazza bionda, allungando la mano verso di me. “L’orientamento è stato crudele. Grazie a Dio si è matricole una sola volta.”
Da vicino era ancora più bella. I suoi occhi brillavano, i suoi capelli risplendevano al sole e le sue gambe lunghe erano paradisiache in quegli shorts bianche e sfilacciati. Era alta quasi quanto me, persino con i sandali, e il modo in cui muoveva la bocca quando parlava, combinata con le sue labbra piene, era sexy da far paura.
Le afferrai la mano e la strinsi. “America?”
Fece un sorrisetto. “Avanti. Fai una battuta sconcia. Le ho già sentite tutte.”
“Hai sentito: ‘Mi ti scoperei volentieri per la libertà?’” chiese Travis.
Gli diedi una gomitata, cercando di mantenere una faccia seria.
America notò il mio gesto. “Sì, ad essere sinceri.”
“Quindi… accetti la mia offerta?” la stuzzicò Travis.
“No,” disse America senza esitazione.
Sì. È perfetta.
“E mio cugino?” chiese Travis, spintonandomi così forte che dovetti fare un passo di lato.
“Andiamo,” dissi, quasi supplicando. “Perdonalo,” dissi ad America. “Non lasciamo che esca spesso.”
“Posso capire perché. È davvero tuo cugino?”
“Cerco di non farlo sapere in giro, ma sì.”
Diede un’occhiata a Travis e poi rivolse la sua attenzione di nuovo a me. “Quindi, pensi di dirmi il tuo nome?”
“Shepley. Maddox,” aggiunsi dopo un ulteriore riflessione.
“Che fai per cena, Shepley?”
“Che cosa faccio io per cena?” domandai.
Travis mi diede un colpo con il braccio.
Lo spintonai. “Vaffanculo!”
America ridacchiò. “Sì, tu. Di certo non sto chiedendo un appuntamento a tuo cugino.”
“Perché no?” domandò Travis, fingendosi insultato.
“Perché non esco con i lattanti.”
Darius rise sonoramente e Travis sorrise, imperturbato. Stava facendo il coglione apposta per far sembrare me il Principe Azzuro. La spalla perfetta.
“Hai una macchina?” mi chiese lei.
“Ce l’ho,” dissi.
“Passami a prendere davanti alla Morgan Hall alle sei.”
“Sì… sì, posso farlo. Ci vediamo lì,” dissi.
Stava già salutando Finch e allontanandosi.
“Porca vacca,” feci un lungo respiro. “Penso di essermi innamorato.”
Travis sospirò, e con una sberla, mi afferrò la nuca. “Ovvio che lo sei. Andiamo.”
  
AMERICA

Erba appena tagliata, asfalto che si cuoce al sole e gas di scarico. Questi era gli odori che mi avrebbero ricordato del momento in cui Shepley Maddox era uscito dalla sua vintage Charger nera e aveva percorso, correndo, i gradini della Morgan Hall, in cima a cui mi trovavo.
I suoi occhi scorsero il mio maxi vestito blu e sorrise. “Stai benissimo. No, meglio di benissimo. Stai del tipo che sarà meglio che sfoderi tutte le mie armi migliori.”
“Tu sei ordinario,” dissi, notando la sua polo e quelli che sembravano i suoi jeans eleganti. Mi piegai in avanti. “Ma hai un profumo fantastico.”
Le sue guance si arrossarono, tanto da essere visibili attraverso la sua pelle bronzea, e mi offrì un sorriso d’intesa. “Mi è stato già detto che sembro ordinario. Questo non mi dissuaderà dal cenare con te.”
“Davvero?”
Annuì.
“Mentivano. Proprio come me.” Lo sorpassai, diretta alla base dei gradini.
Shepley si affrettò a superarmi, raggiungendo la maniglia della porta del passeggero prima che ci riuscissi io. Le diede uno strappò, aprendola completamente in un unico movimento.
“Grazie,” dissi, sedendomi al posto del passeggero.
La pelle dei sedili era fredda contro la mia. L’interno era stato aspirato e lucidato di recente, e profumava di un generico profuma ambienti.
Quando si sedette al suo posto e si voltò verso di me, non potei far a meno di sorridere. Il suo entusiasmo era adorabile. I ragazzi del Kansas erano così… infervorati.
Dal tono dorato della sua pelle e dai solidi muscoli delle braccia, aumentavano ogni volta che le muoveva, dedussi che doveva aver lavorato all’aperto per tutta l’estate. Magari facendo palle di fieno o alzando carichi pesanti. I suoi occhi verde nocciola splendevano, praticamente, e i suoi capelli scuri, anche se non corti come quelli di Travis, era stati schiariti dal sole, ricordandomi il caldo color caramello di Abbey.
“Avevo programmato di portarti al ristorante italiano che c’è qui in città, ma si è rinfrescato abbastanza per… io… io vorrei solo stare in tua compagnia e conoscerti e non essere interrotto da un cameriere. Quindi, ho preparato questo,” disse, accennando al sedile posteriore. “Spero vada bene.”
Mi irrigidii, voltandomi lentamente per vedere di cosa stesse parlando. Nel mezzo del sedile a banchina, tenuto fermo dalla cintura, c’era un cestino intrecciato coperto, posizionato su una coperta piegata spessa.
“Un picnic?” dissi, incapace di nascondere la sorpresa e il piacere nella mia voce.
Lui sospirò, sollevato. “Sì. Va bene?”
Mi girai sul sedile, sobbalzando mentre mi voltavo in avanti. “Vedremo.”
Shepley ci condusse in un pascolo privato a sud della città. Parcheggiò in una stretta stradina ghiaiata e scese, giusto il tempo di togliere la serratura e aprire il cancello. Il motore della Charger ringhiò mentre guidavamo lungo due linee parallele di terra brulla, tra acri di erba alta.
“Ti sei scavato un sentiero, eh?”
“Questa terra è dei miei nonni. C’è un laghetto alla fine dove io e Travis andavamo sempre a pescare.”
“Andavamo?”
Scrollò le spalle. “Siamo i nipoti più giovani. Abbiamo perso tutti e quattro i nonni entro gli anni delle medie. Inoltre, essendo impegnati con gli sport e le lezioni alle superiori, ci sembrava sbagliato andare a pescare senza Papa.”
“Mi spiace,” dissi. Avevo ancora tutti i miei nonni, e non avrei potuto immaginare di perdere anche solo uno di loro. “Tutti e quattro? Intendevi tutti e sei?” dissi, interrogandomi ad alta voce. “Oh, Dio. Scusa. Che maleducata.”
“No, no… è una domanda lecita. Me la fanno in tanti. Siamo doppi-cugini. I nostri papà sono fratelli e le nostre mamme sono sorelle. Lo so. È strano, vero?”
“No, è fantastico in realtà.”
Dopo aver passato una piccola collina, Shepley parcheggiò la Charger sotto l’ombra di un albero, a quasi dieci metri dal laghetto largo cinque acri. Il calore dell’estate aveva aiutato la tifa e le ninfee a crescere e l’acqua era magnifica, si increspava alla brezza leggera.
Shepley mi aprì la porta, e io uscii nella fresca erba falciata. Mentre io mi guardavo intorno, lui si chinò sul sedile posteriore, riapparendo con il cestino e la trapunta. Le sue braccia erano libere da ogni tatuaggio, anche questo, dissimile dal cugino pesantemente tatuato. Mi domandai se ce ne fossero sotto la sua camicia. In quel momento, sentii l’improvvisa urgenza di rimuovergli i vestiti per scoprire la risposta.
Stese la trapunta colorata in un solo colpo, e questa cadde perfettamente al suolo.
“Cosa?” chiese. “È…”
“No, è fantastico. È solo… quella trapunta è così bella. Non penso che dovrei sedermici sopra. Sembra nuova.” Il tessuto era preciso e increspato solo nei punti in cui era stato piegato.
Shepley gonfiò il petto. “L’ha fatta mia madre. Ne ha fatte dozzine. Questa l’ha fatta per il mio diploma. È una copia.” Le sue guance s’arrossarono.
“Di cosa?”
Non appena feci quella domanda, si imbarazzò.
Provai a non sorridere. “È una versione più grande della tua copertina di bambino, vero?”
Chiuse gli occhi e annuì. “Già.”
Mi sedetti sulla trapunta ed incrocia le gambe, picchiettando sullo spazio al mio fianco. “Vieni qui.”
“Non sono sicuro di potere. Penso di essere appena morto di imbarazzo.”
Guardai in su, verso di lui, chiudendo un occhio a causa del raggio di sole che fuggiva tra le foglie dell’albero sopra di noi. “Anche io ho una copertina. Murfin è nella mia stanza al dormitorio, sotto il mio cuscino.”
Le sue spalle si rilassarono e si sedette, piazzando il cestino di fronte a noi. “Berta.”
“Berta?”
“Immagino stessi provando a dire ‘coperta’, e che sia diventato Berta nel frattempo.”
Sorrisi. “Mi piace il fatto che tu non abbia mentito.”
Scrollò le spalle, ancora imbarazzato. “Non sono molto bravo, comunque.”
Mi avvicinai, dando una spintarella alla sua spalla con la mia. “Mi piace anche questo.”
Shepley si illuminò e aprì il cestino, estraendone un piatto coperto di formaggio e cracker e poi una bottiglia di Zinfadel e due flûte da champagne in plastica.
Repressi una risata e Shepley rise sommessamente.
“Cosa c’è?” chiese.
“È solo… è l’appuntamento più adorabile a cui sia mai stata.”
Versò il vino. “È una cosa positiva?”
Spalmai il Brie su un cracker e diedi un morso, annuendo, poi bevvi un piccolo sorso di vino per ingoiare. “Ti meriti decisamente un dieci per l’impegno.”
“Bene. Non vorrei che fosse così adorabile da essere friendzonato,” disse, quasi più a se stesso.
Leccai cracker e vino dalle mie labbra, guardando le sue. L’aria tra di noi cambiò. Era più pesante, elettrica. Mi inclinai verso di lui, e lui fece un tentativo fallimentare di nascondere la sorpresa e l’eccitazione nei suoi occhi.
“Posso baciarti?” chiesi.
Le sue sopracciglia si alzarono di colpo. “Vuoi… vuoi baciarmi?” si guardò attorno. “Proprio ora?”
“Perché no?”
Shepley sbatté le ciglia. “Non ho mai, ehm… avuto una ragazza…”
“Ti metto a disagio?”
Scosse velocemente la testa.
“Non è decisamente quello che provo in questo momento.”
Mi mise una mano sulla guancia e mi tirò verso di sé senza ulteriore esitazione. Apri la bocca immediatamente, assaggiando l’umidità dell’interno delle sue labbra. La sua lingua era morbida e calda e sapeva di menta dolce.
Mormorai e lui si staccò.
“Dovremmo, ehm… ho fatto dei panini. Preferisci prosciutto o tacchino?”
Mi toccai le labbra, sorridendo e poi mi obbligai a fare una faccia seria. Shepley pareva positivamente sconvolto, nel migliore senso possibile. Mi allungò un quadrato avvolto in carta da cucina, e io aprii attentamente un angolo, tirando finché non vidi il pane bianco.
“Grazie a Dio,” dissi. “Il pane bianco è il migliore.”
“Lo so, vero? Non sopporto il pane integrale.”
“Al diavolo gli sbiancanti e le calorie!”
Aprii la carta e assaggiai il panino preparato attentamente, tacchino e groviera con qualcosa che sapeva di salsa piccante, lattuga e pomodori. Guardai Shepley, inorridita. “Oh, Dio.”
Smise di morsicare e ingoiò. “Cosa c’è?”
“Pomodori?”
I suoi occhi si riempirono di orrore. “Cazzo. Sei allergica?” si guardò freneticamente intorno. “Hai l’EpiPen? Devo portarti in ospedale?”
Caddi all’indietro, annaspando e stringendomi la gola.
Shepley si allungò sopra di me, non sicuro di dove toccarmi e come aiutarmi. “Cazzo. Cazzo! Cosa faccio?”
Afferrai la sua camicia e lo tirati giù verso di me, concentrandomi a parlare. In fine, le parole mi uscirono.
“Respirazione bocca a bocca,” sussurrai.
Shepley si irrigidì e poi tutti i suoi muscoli si rilassarono.
“Mi stai prendendo in giro?”
Si sedette mentre io scoppiavo a ridere.
“Cristo, Mare, stavo andando fuori di testa!”
La mia risata svanì e gli sorrisi. “La mia migliore amica mi chiama Mare.”
Lui sospirò. “Verrò assolutamente friendzonato.”
Alzai la mano sopra la testa, attorcigliando ciocche dei miei lunghi capelli, sentendo l’erba fresca sotto il mio braccio. “Meglio togliercelo di mezzo con energico affetto.”
Alzò un sopracciglio. “Non sono sicuro di riuscire a gestirti.”
“Non puoi saperlo se non provi.”
Shepley si ancorò a me posizionando entrambe le braccia ai miei lati, poi si piegò in avanti, toccando le mie labbra con le sue. Mi allungai, arricciando la mia gonna, e sorrisi mentre l’orlo si alzava sopra le mie ginocchia. Le sue labbra lavorarono contro le mie mentre si posizionava tra le mie gambe con un morbido movimento.
Le sue mani erano così belle sulla mia pelle, e i miei fianchi ruotarono e si spostarono in risposta. Agganciò la sua mano dietro al mio ginocchio, tirando verso il suo fianco.
“Porca puttana,” disse contro le mie labbra.
Lo avvicinai. L’erezione dietro la sua cerniera premette contro di me, e io mugugnai, sentendo il tessuto sulla punta delle mie dita mentre gli sbottonavo i jeans.
Quando infilai la mano, Shepley si immobilizzò. “Non ho portato un… Non me lo aspettavo. Per niente.”
Con la mano libera pescai un piccolo pacchetto dall’interno del mio reggiseno senza spalline. “Speravi in uno di questi?”
Shepley abbassò lo sguardo al quadratino laminato nella mia mano, e la sua espressione cambiò. Si sedette sulle ginocchia, guardandomi mentre mi alzavo sui gomiti.
“Fammi indovinare,” dissi, assaporando l’acidità delle mie parole. “Ci siamo appena conosciuti. Sono sessualmente più avanti di te e ho portato un preservativo, quindi questo deve voler dire che sono una zoccola, mentre tu sei completamente non-interessato.”
Aggrottò la fronte.
“Dillo. Di’ quel che pensi,” dissi, sfidandolo. “Fammelo sapere in tempo reale. Posso sopportarlo.”
“Questa ragazza è eloquente e divertente e molto probabilmente la più bella creatura che io abbia mai visto nella vita reale. Come cavolo, nel nome del cielo, sono riuscito a trovarmi in questa situazione con lei?” si mosse in avanti, mezzo confuso, mezzo sbigottito. “Non sono sicuro se questo sia un test.” Abbassò lo sguardo sulle mie labbra. “Perché, se lo è, credimi, voglio superarlo.”
Sorrisi e lo avvicinai per un altro bacio. Inclinò la testa, avvicinandosi con impazienza.
Lo tenni a bada, a pochi centimetri dalla mia bocca. “Andrò anche veloce, ma mi piace essere baciata lentamente.”
“Posso farcela.”
Le labbra di Shepley erano piene e morbide. Aveva un’aria di nervosismo e inesperienza, ma il modo in cui baciava lasciava intendere un’altra storia. Baciò velocemente la mia bocca, restando lì per un poco, prima di spostarsi, e poi mi baciò di nuovo.
“È vero?” sussurrò. “Che le ragazze veloci di solito non restano a lungo?”
“È il problema di essere veloci. Non sai quel che farai finché non lo fai.”
Sospirò. “Concedimi un favore,” disse tra un bacio e l’altro. “Quando sei pronta ad andartene, prova ad abbattermi gentilmente.”
“Prima tu,” sussurrai.
Mi coricò sulla coperta, finendo quello che io avevo iniziato.


Traduzione a cura di 
Federica Bernardelli



Nessun commento:

Posta un commento