domenica 20 marzo 2016

Anteprima: Before


Salve gente! Bentornati su AnniDiNuvole!
Come state passando questo giorno di festa? Avete mangiato come dei maialini? Ora però, prendetevi un po' di tempo per voi, mettetevi comodi e venite a scoprire con noi un nuovissimo libro che dal 29 marzo troveremo nelle nostre librerie. 

C'è chi l'ha aspettato trepidante, chi non ci dormiva la notte e chi lo sparerà a distanza appena lo vedrà ;) di che parliamo? Ma dai!

Hardin Scott sta tornando... 






Trama"Before" è l'inedito racconto di tutto quello che c'è stato prima dell'incontro tra Tessa e Hardin e quello che è venuto dopo un racconto che arriva direttamente dalle voci dei protagonisti. Per vivere la storia di un amore infinito con occhi nuovi e scoprirne tutti i retroscena. "Before" non è un sequel, non è un prequel. È molto di più.



La serie "After" (che riprende la storia di Hardin e Tessa) è composta da:

1- After (recensione QUI)
2- After. Un cuore in mille pezzi (recensione QUI)
3- After. Come mondi lontani (recensione QUI)
4- After. Anime perdute (recensione QUI)
5- After. Amore infinito (recensione QUI)


Prima Parte

BEFORE


Quando era piccolo, il ragazzo passava il tempo a sognare ciò che sarebbe diventato da grande.
Forse un poliziotto o un insegnante. Vance, un amico della mamma, leggeva libri per lavoro, e sembrava divertente. Ma il ragazzo non era sicuro delle proprie capacità, non aveva talenti. Non sapeva cantare come il suo compagno di classe Joss; non sapeva fare le addizioni e le sottrazioni con numeri a tante cifre come Angela; riusciva a malapena a parlare di fronte a suoi compagni di classe, a differenza del divertente e sbruffone Calvin . L'unica cosa che gli piaceva fare era leggere i suoi libri pagina dopo pagina. Aspettava che Vance glieli portasse: uno ogni settimana, a volte di più, a volte di meno. C’erano stati dei periodi in cui l'uomo non si era presentato e lui si era annoiato, rileggendo le stesse pagine rovinate dei suoi libri preferiti. Ma aveva imparato a fidarsi del fatto che l’uomo gentile sarebbe sempre tornato, con un libro in mano. Il ragazzo crebbe in altezza e in intelligenza, e pareva guadagnasse due centimetri abbondanti e un libro ogni due settimane.
Con il passare delle stagioni, i suoi genitori cambiarono. Suo padre cominciò ad urlare più forte e il suo aspetto diventò sempre più trascurato, e la sua mamma si faceva sempre più stanca, i sospiri che riempivano la notte, sempre più rumorosi. L'odore di tabacco e di qualcosa di peggio cominciò a riempire le pareti della piccola casa. Tanto reale come i piatti che traboccavano dal  ​​lavandino, era l'odore di scotch dell’alito di suo padre. Col passare dei mesi, si sarebbe dimenticato i dettagli dell’aspetto di suo padre. Vance veniva a casa più spesso, e lui a malapena riuscì a notare che i sospiri di sua madre cominciarono a cambiare, di notte. A quel punto si fece degli amici. Beh, un amico. Ma l’amico si trasferì, e lui non si prese più la briga di farsene di nuovi. Sentiva di non averne bisogno. Non gli dispiaceva restare solo.
Gli uomini che arrivarono quella sera cambiarono qualcosa di profondo dentro il ragazzo. Ciò che vide accadere a sua mamma lo rese più duro, e crebbe più arrabbiato, mentre suo padre diventava un estraneo. Poco dopo, il padre smise del tutto di inciampare nel piccolo, sporco appartamento. Se n'era andato, e il ragazzo ne fu sollevato. Niente più scotch, non più mobili rotti o buchi nei muri. L'unica cosa che aveva lasciato era un ragazzo senza un padre e un soggiorno pieno di pacchetti di sigarette mezzi vuoti. Il ragazzo detestava il sapore delle sigarette che erano rimaste, ma amava il modo in cui il fumo gli riempiva i polmoni, rubandogli il fiato. Si ritrovò di fumare ogni singola sigaretta, e poi a comprarne altre.
Si fece degli amici, sempre se un gruppo di ribelli delinquenti che causavano più problemi di quanti ne valessero si poteva chiamare tale. Cominciò a rimanere fuori fino a tardi, e le innocenti bugie bianche e gli scherzi innocui fatto da un gruppo di ragazzi arrabbiati, iniziarono a trasformarsi in reati più gravi. Erano diventati qualcosa di più oscuro, qualcosa che tutti sapevano essere sbagliato, il più profondo livello di sbagliato, ma pensavano di starsi semplicemente divertendo. Loro ne avevano il diritto, e non potevano negarsi di provare quella scarica di adrenalina che arrivava col potere. Dopo ogni innocenza rubata, le loro vene pulsavano con più arroganza, più fame, meno limiti.
Questo ragazzo restava ancora il più tenero, tra di loro, ma aveva perso quella coscienza che una volta gli faceva sognare di diventare un vigile del fuoco o un insegnante.
Il modo di relazionarsi con le donne che stava sviluppando era atipico. Bramava il loro tocco, ma si schermava da qualsiasi tipo di legame emotivo. Ciò incluse sua mamma, alla quale smise di dire perfino un semplice "ti voglio bene". La vedeva a malapena.
Trascorreva quasi tutto il suo tempo correndo per le strade, e la sua casa iniziò a non significare più nulla per lui, se non un luogo in cui di tanto in tanto arrivavano dei pacchi. Su questi pacchetti, un indirizzo dello stato di Washington veniva scribacchiato sotto il nome di Vance. Anche Vance lo aveva abbandonato.
Furono le ragazze a prendersi cura di lui. Si attaccavano letteralmente a lui, le unghie lunghe che scavavano mezzelune sulle sue braccia, mentre lui si stendeva su di loro, le baciava, le scopava.
Dopo il sesso, la maggior parte delle ragazze avrebbero cercato di avvolgere le braccia intorno a lui. Le avrebbe allontanate, senza rivolgere baci o dolci carezze alla loro pelle. La maggior parte delle volte se ne era andato prima che loro riprendessero fiato.
Passava le sue giornate sballato, le sue notti ancora più sballato. Spendeva il suo tempo nel vicolo dietro il negozio di liquori o nel negozio del padre di Mark, sprecando la sua vita. Irrompeva in negozi di alcolici, girava imperdonabili video a casa sua, umiliava ragazze ingenue. Aveva cessato di essere in grado di sentire alcun tipo di emozione al di fuori dell’arroganza e della rabbia.
Alla fine, sua mamma ne aveva avuto abbastanza. Non aveva più i soldi o la pazienza per affrontare il suo comportamento distruttivo. A suo padre era stato offerto un posto di lavoro in un’università degli Stati Uniti. A Washington, per essere esatti. Proprio come Vance, la stessa città, perfino. Il buono e il cattivo insieme, di nuovo nello stesso posto.
Sua mamma non pensò che lui avesse origliato la sua conversazione con suo a proposito del suo trasferimento. Apparentemente il vecchio si era ripulito un po', anche se il ragazzo non ne era del tutto sicuro. Non c’era mai da essere sicuri. Suo padre aveva anche una fidanzata, una bella donna della quale che il ragazzo era invidioso. Lei aveva modo di beneficiare del nuovo lato di lui. Aveva modo di condividere i pasti sobri e di sentire le parole gentili che lui non aveva mai avuto la possibilità di ascoltare.
Quando arrivò all'università, per dispetto al suo vecchio, andò a vivere nella casa di una confraternita. Ma anche se il posto non gli piaceva, trasferendo i suoi scatoloni in una camera dalle dimensioni decenti e che sarebbe stata sua, sentì una leggera fitta di sollievo. La camera era il doppio più grande di quanto lo fosse la sua stanza di Hampstead. Non aveva buchi nelle pareti; non c'erano insetti che svolazzavano attorno al lavandino del bagno. Aveva finalmente un posto dove mettere tutti i suoi libri.
In un primo momento bastò a se stesso, e non sentì la necessità di incontrare nuovi amici. Lentamente, si formò il suo seguito, e con esso cadde nello stesso vortice oscuro.
Incontrò il gemello virtuale di Mark, perfino in America, che gli fece iniziare a pensare che quello fosse il solo modo in cui andava il mondo. Iniziò ad accettare che sarebbe sempre stato solo. Era bravo a ferire le persone, a provocare guai. Fece soffrire un'altra ragazza, come quella prima, e sentì quella stessa tempesta scorrere su e giù per la spina dorsale, la lotta per distruggere la sua vita con energia selvaggia. Iniziò a bere come fece suo padre, come il peggior tipo di ipocrita.
Non gli importava, però; era insensibile e aveva amici che lo aiutavano ad ignorare il fatto che non aveva niente di reale nella sua vita.
Niente aveva importanza, sul serio.
Nemmeno le ragazze che cercavano di stargli accanto.

Natalie

Quando incontrò la ragazza dagli occhi azzurri e i capelli scuri, seppe che lei era lì per metterlo alla prova in un modo nuovo. Era gentile, lo spirito più dolce che avesse incontrato fino a quel momento… e lei era infatuata di lui.
Portò via la ragazza ingenua dal suo mondo ordinato e senza difetti e la trascinò nel caos, poi la fece disperdere in un mondo oscuro e spietato a lei completamente sconosciuto. La sua insensibilità fece di lei un’emarginata, esiliata prima dalla sua chiesa, poi dalla sua famiglia.
I pettegolezzi erano duri, i mormorii viaggiavano dal giudizio di una donna bigotta all’altra. La sua famiglia non era meglio. Non aveva nessuno, e fece l'errore di fidarsi di lui più di quanto ne valesse la pena.
Quello che le fece fu, per sua madre, la goccia che fece traboccare il vaso. Il trasferimento in America, nello stato di Washington, per stare con il suo padre mancato, il modo in cui aveva trattato Natalie lo aveva fatto esiliare da Londra, la sua patria. La solitudine a cui aveva aspirato per tutta la vita era stata finalmente raggiunta nella vita reale.


La chiesa oggi è pienissima, file e file di noi, tutti uniti insieme in adorazione, in un caldo pomeriggio di luglio. Ogni settimana, di solito sempre le stesse persone, che saprei chiamare per nome e cognome.
La mia famiglia è considerata una sorta di famiglia reale qui, in una delle più piccole parrocchie di Gesù.
La mia sorella minore, Cecily, è seduta accanto a me in primissima fila, e pizzica un banco di legno scheggiato con le sue piccole mani. La nostra chiesa ha appena ricevuto una sovvenzione per rinnovare alcune parti degli interni, e il nostro gruppo giovani ha aiutato raccogliere le forniture donate dalla comunità locale. Questa settimana, il nostro compito è quello di ottenere vernice da gente del posto e ridipingere questi banchi. Ho passato le mie serate andando da un negozio di ferramenta all’altro, chiedendo donazioni.
Come per sottolineare l'inutilità di questo compito, sento il suono di un debole scatto e alzo lo sguardo per vedere che Cecily ha staccato un pezzettino di legno dal suo posto. Le sue unghie sono dipinte di rosa e abbinate al cerchietto che porta tra i capelli castano scuro, ma ragazzi, se può essere distruttiva!
"Cecily, aggiusteremo questo banco la prossima settimana. Per favore, non farlo." Gentilmente, prendo le sue piccole mani nelle mie, e lei mette su un piccolo broncio.
"Puoi aiutare a dipingerli per renderli nuovamente bellissimi. Ti piacerebbe, non è vero?" Le sorrido. Risponde al mio con un adorabile sorriso senza denti, e annuisce. I suoi riccioli si muovono con lei, rendendo mia mamma orgogliosa del lavoro che ha fatto questa mattina col ferro. Il pastore ha quasi finito il suo sermone, e i miei genitori con le mani giunte, fissano l’altare della piccola chiesa. Il sudore mi bagna il collo, e piccole gocce appiccicose mi cadono lungo la schiena mentre delle parole sul peccato e la sofferenza galleggiano intorno alla mia testa. Qui dentro fa così caldo che il trucco di mia madre ha cominciato a brillare sul collo e a formare anelli neri intorno agli occhi. Questa dovrebbe essere l'ultima settimana in cui dobbiamo soffrire. O almeno è meglio che lo sia; potrei perfino fingermi malata per evitare questo posto soffocante, se non lo è.
Alla fine della messa, mia mamma si alza per parlare con la moglie del pastore. Mia madre ammira molto quella donna; un po' troppo, se volete sapere la mia.
Pauline, la first lady della nostra chiesa, è una donna dura, poco empatica nei confronti degli altri, quindi capisco perché mia mamma si sente così attirata da lei.
Faccio un cenno con la mano a Thomas, l'unico ragazzo della mia età che fa parte del gruppo giovani. Mentre cammina verso l’uscita, seguendo con tutta la sua famiglia la fila di persone che escono dalla chiesa, risponde al mio saluto.
Pronta a prendere dell’aria fresca, mi alzo in piedi e mi asciugo le mani sul vestito azzurro pallido.
"Puoi portare Cecily alla macchina?" chiede mio padre con un sorriso complice.
Ha intenzione di provare a fare sì che la mamma smetta di parlare, proprio come ogni domenica. Lei è una di quelle donne che chiacchierano e continuano a chiacchierare anche dopo essersi congedate almeno tre volte.
Non ho preso da lei in questo senso. Invece, mi sforzo di assomigliare a mio padre, le cui poche parole poche contengono, di solito, un significato che vale una vita intera.
E so che papà ama il fatto che gli somigli così tanto, dal suo temperamento calmo, ai capelli scuri e gli occhi azzurri (i tratti più evidenti), alla nostra altezza.
O mancanza di altezza.
A stento arriviamo al metro e sessantacinque, anche se lui è sempre leggermente più alto di me. Cecily ci supererà già all’età di dieci anni e mia madre ci prende in giro. Annuisco a mio padre e prendo la mano di mia sorella. Cammina più velocemente di me, l'emozione dell’infanzia che la costringe a correre dritto attraverso il resto della piccola folla. Voglio tirarla indietro, ma lei si volta
verso di me con un gigantesco sorriso sul suo volto, e non posso fare nulla, se non correre con lei. Acceleriamo, correndo giù per le scale e sul prato. Cecily schiva una coppia di anziani, e rido quando urla e per un pelo non si schianta contro Tyler Kenton, il ragazzo più cattivo nella nostra chiesa. Il sole è luminoso e l'aria è densa nei miei polmoni e corro sempre più veloce, inseguendola fino a che non cade sull'erba. Mi metto in ginocchio per controllarla. Mi avvicino, e le tolgo i capelli dal viso. Piccole pozze di lacrime minacciano di scoppiare, e il labbro inferiore trema ferocemente.
"Il mio vestito…" Accarezza il suo abitino bianco con le sue piccole mani, concentrandosi sulle macchie d'erba sul tessuto. "È rovinato!" Affonda il viso tra le mani sporche, e io le prendo e le porto verso il basso. Sorrido e parlo a bassa voce. "Non è rovinato. Può essere lavato, tesoro. "
Con il pollice le asciugo la lacrima e le accarezzo la guancia. Tira su col naso, ma ancora non mi crede.
"Succede ogni volta; a me è successo almeno trenta volte," la rassicuro, anche se è una bugia. Gli angoli della sua bocca si muovono verso l'alto, e un sorriso le spunta a forza.
"Non è vero." Riconosce in pieno la mia frottola. Avvolgo il mio braccio intorno a lei e la aiuto ad alzarsi. I miei occhi volano oltre le braccia pallide per assicurarsi che non manchi nulla.

Tutto a posto.

Traduzione a cura di
Valentina Deguidi


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