Eccoci qui con una super, super chicca tutta per voi.
In anteprima assoluta, AnniDiNuvole vi lascia le prime pagine del terzo volume della collana "After", Come mondi lontani. Siete curiosi di sapere cosa ne è stato di Tessa e Hardin?
Noi, siamo pronti a lasciarvi una piccola anteprima. Buona lettura :)
Trama: La vita di Tessa non è mai stata così complicata. Nulla è come lei pensava che fosse. Né la sua famiglia. Né i suoi amici. L'unico su cui dovrebbe poter contare, Hardin, sembra sempre pronto, con il suo carattere scontroso, a rovinare tutto. Non appena scopre l'enorme segreto che lei gli ha nascosto, diventa furioso e, invece di provare ad essere comprensivo, cerca di ostacolarla in tutti i modi. Così, mentre la partenza per Seattle si avvicina, per Tessa è arrivato il momento di fare una scelta e affrontare la più dolorosa delle domande: Hardin sarà mai in grado di cambiare per lei? Tessa sa che lui la ama e farà di tutto per proteggerla, ma c'è una bella differenza tra non poter vivere senza una persona e amarla. La spirale di gelosia, rabbia e perdono che li lega è esasperante. Eppure Tessa non ha mai provato niente di così intenso per qualcuno, nessun bacio è mai stato così eccitante né un'attrazione così irrefrenabile. L'amore finora è bastato per tenerli insieme. Ma il bisogno che provano l'uno per l'altra sarà più forte di tutti gli ostacoli?
PROLOGO
TESSA
Mentre guardo il volto famigliare di questo
sconosciuto, vengo investita da una marea di ricordi.
Di solito mi sedevo là, spazzolando i capelli
biondi della mia Barbie. Spesso avevo desiderato essere quella bambola: lei
aveva tutto. Era bellissima, era sempre sposata ed era sempre chi doveva
essere. Pensavo che i suoi genitori dovessero essere molto orgogliosi di lei.
Suo padre, dovunque fosse, probabilmente era un amministratore delegato molto
importante, viaggiava per il mondo per rendere la sua famiglia benestante,
mentre la madre stava a casa e se ne prendeva cura.
Il padre di Barbie non sarebbe mai tornato a
casa urlando e ubriaco. Non avrebbe mai
alzato la voce con la madre e Barbie non si sarebbe mai nascosta nella serra
per allontanarsi dal rumore e dai piatti che si rompevano. E se, per caso,
qualche piccola incomprensione, facilmente spiegabile, era causa di una
discussione tra i suoi genitori, Barbie aveva sempre Ken, il perfetto fidanzato
biondo che le avrebbe tenuto compagnia… perfino nella serra.
Barbie era perfetta, lei avrebbe avuto la vita
perfetta con i genitori perfetti.
Mio padre, che mi abbandonò nove anni fa, è di
fronte a me, sporco e smunto. Non assomiglia all’uomo che dovrebbe essere, non
assomiglia all’uomo che ricordo. Un sorriso copre il suo volto mentre mi guarda
e un altro ricordo riaffiora.
Mio padre, la notte che ci ha lasciato… il volto
di mia madre impresso nella pietra. Non aveva piato. Era rimasta là, in piedi,
aspettando che uscisse dalla porta. Quella notte lei cambiò, dopo
quell’episodio non fu più la stessa madre amorevole.
Diventò scortese, distante, infelice.
Ma era rimasta dopo che lui aveva deciso di non
farlo.
CAPITOLO 1
TESSA
- Papà? – Tranne che per gli occhi marroni che mi
guardano, questo uomo non potrebbe assolutamente essere mio padre.
- Tessie? – la sua voce è più profonda di come me
la ricordavo.
Hardin si gira verso di me, gli occhi che emanano
scintille, e poi verso mio padre.
Mio padre. Qui, in questo quartiere malfamato, con
dei vestiti schifosi sulla sua schiena.
- Tessie? Sei veramente tu? – mi domanda.
Sono paralizzata. Non ho nulla da dire a questo
ubriaco che ha stesso volto di mio padre.
Hardin mi mette una mano sulla spalla cercando di
farmi reagire.
- Tessa… -
Faccio un passo verso lo sconosciuto e lui
sorride.
La sua barba marrone è spruzzata di grigio, i suoi
denti non sono bianchi e puliti come ricordavo…. Come ha fatto a fare questa
fine? Tutta la speranza che riponevo in un cambiamento di mio padre simile a
quello di Ken scompare e comprendere che questo uomo è veramente mio padre fa
più male rispetto al dovuto.
- Sono io – dice qualcuno e, dopo un momento,
realizzo che quelle parole le ho dette io.
Azzera la distanza tra di noi e mi stringe tra le
braccia. – Non posso crederci! Sei qui! Ho cercato di… -
È interrotto da Hardin che me lo toglie di dosso.
Io faccio un passo indietro, insicura su come devo comportarmi.
Questo sconosciuto, mio padre, guarda prima me e
poi Hardin, allarmato e incredulo. poi assume una posa tranquilla e mantiene la
distanza, e ne sono contenta.
- Sto provando a cercarti da mesi – dice
passandosi la mano sulla fronte, lasciando delle tracce di sporco sulla pelle.
Hardin è in piedi davanti a me, pronto a fare a
pugni. – Sono stata qui dico
tranquillamente, sbucando dalla sua spalla. Sono grata della sua protezione e
comprendo che deve essere completamente confuso.
Mio padre si gira verso di lui, lo guarda
dall’alto in basso per un momento. – Wow. Sicuramente Noah è cambiato
moltissimo. –
- No, lui è Hardin – gli dico.
Mio padre gli gira un po’ intorno e poi si
avvicina a me. Da questa distanza riesco a sentire il suo odore nauseante.
Nel suo respiro c’è traccia di liquore, oppure di
un prodotto che ne contiene molto, e per questo ha confuso i due ragazzi.
Hardin e Noah sono ai due opposti e non potrebbero mai essere paragonati
all’altro. Mio padre mi circonda con un braccio e Hardin mi lancia un’occhiata,
ma scuoto leggermente la testa per tenerlo al suo posto.
- Chi è? – mio padre tiene il suo braccio attorno
a me per così tanto tempo da farmi sentire a disagio mentre Hardin è li, in
piedi, sembra che stia per esplodere, ma capisco che non è rabbia; sembra non
avere nessun indizio su cosa dire o fare.
Siamo in due. – Lui è il mio… Hardin è il mio…-
- Ragazzo. Sono il suo ragazzo.- finisce la frase
per me.
Lo
sguardo dell’uomo si amplia finché non vede Hardin.
-
Piacere, Hardin sono Richard -. Allunga la sua mano sporca per stringere quella
di Hardin.
-
Eh….si, piacere – Hardin è chiaramente molto…
a disagio.
-
Cosa ci fate voi due qui? – approfitta di questa opportunità per spostarmi da
mio padre e rimettermi al fianco di Hardin, che ritorna in sé e mi tira verso
di lui.
-
Hardin si stava facendo un tatuaggio – rispondo automaticamente. La mia mente è
incapace di comprendere cosa sta succedendo.
-
Ah… bello. Anch’io venivo qui –
Sono sommersa da ricordi di mio padre che si
beveva un caffè prima di partire da casa per andare a lavorare. Non era così,
non parlava così e, cazzo, non aveva tatuaggi quando lo conoscevo. Quando ero
la sua bambina.
-
Sì, è il mio amico Tom a farli.- solleva la manica della sua maglia per
rivelare ciò che sembra un teschio sul suo avambraccio. Non sembra una cosa che
avrebbe fatto, ma mentre continuo a esaminarlo inizio a capire che forse lo è.
– Oh… - è tutto ciò che riesco a dire.
Questo
è così imbarazzante. Questo uomo è mio padre l’uomo che ha lasciato me e mia
madre da sole. E eccolo qui di fronte a me ubriaco. E io non so cosa pensare.
Parte
di me è entusiasta – una piccola parte che non voglio riconoscere adesso.
Segretamente, ho sperato di vederlo ancora una volta dal giorno che mia madre
mi ha detto che era tornato da queste parti. So che p da sciocchi, in realtà da
stupidi, ma in un qual modo adesso mi sembra che stia meglio. È ubriaco e
probabilmente non ha una casa, ma mi è mancato più di quanto avessi creduto e
forse ultimamente ha solo attraversato un periodo difficile. Chi sono io per
giudicare questo uomo quando non so nulla su di lui?
Quando
lo guardo, e poi guardo la strada intorno a noi, è bizzarro vedere come tutto
sta procedendo normalmente. Potrei aver giurato che il tempo si fosse fermato
quando mio padre è apparso di fronte a noi.
-
Dove vivi? – chiedo.
Lo
sguardo protettivo di Hardin è posato su mio padre come se fosse un predatore
pericoloso.
-
Sto vivendo qua e là… - si asciuga la fronte con la manica.
-
Oh –
-
Lavoravo giù da Raymark, ma sono stato licenziato – mi dice.
Ho
un vago ricordo di aver già sentito questo nome, Raymark. Credo sia una
fabbrica. Ha lavorato come operaio?
-
Cosa hai fatto in tutto questo tempo? quanti anni sono passati…? Cinque? -.
Sento
Hardin sbuffare vicino a me mentre dico:- No, ne sono passati nove –
-
Nove anni? Mi dispiace, Tessie. – le sue parole sono leggermente strascicate.
Quel
soprannome mi fa avere un tuffo al cuore; era usato in tempi migliori. Quando
mi sollevava sulle sue spalle e correva nel cortiletto, prima che partisse. Non
so che fare. Voglio piangere perché non lo ho visto per così tanto tempo,
voglio ridere perché ironicamente l’ho visto qui e voglio urlargli contro per
avermi lasciato. Vederlo così mi confonde. Me lo ricordavo ubriaco, ma era un
ubriaco incazzato, non un ubriaco sorridente che mostra i suoi tatuaggi e
stringe la mano del mio ragazzo. Forse è cambiato ed è diventato più gentile.
-
Penso che sia l’ora di andare – dice Hardin, guardando mio padre.
-
Mi dispiace davvero, la colpa non era tutta mia. Tua madre… sai com’è – si
difende, sventolando la mano davanti a sé. – Per favore, Theresa, dammi una possibilità
– supplica.
-
Tessa – al mio fianco, Hardin cerca di mettermi in guardia.
-
Dacci un secondo – dico a mio padre. Prendo Hardin per il braccio e ci
spostiamo qualche metro più in là.
-
Che cazzo stai facendo? Non stai veramente per… - inizia
-
Ѐ mio padre, Hardin –
-
Ѐ un cazzo di barbone ubriaco – sbotta, incazzato.
Grazie
alle parole veritiere, ma dure, di Hardin, delle lacrime fanno capolino dai
miei occhi.
-
Non lo vedo da nove anni -
-
Esatto! Perché ti ha lasciato. È una perdita di tempo, Tessa – dà un’occhiata
alle mie spalle, verso mio padre.
-
Non mi interessa. Voglio sentire che ha da dire –
-
Lo so. Non è che lo stai invitando a casa o qualcosa del genere – scuote la
testa.
-
Se voglio, lo farò. E se non ha nessun posto dove andare, può stare da noi. È
anche casa mia – esclamo. Guardo mio padre. È là, in piedi, indossa dei vestiti
sporchi, ha lo sguardo rivolto in basso e fissa il cemento. Quando è stata
l’ultima volta che ha dormito in un letto? Mangiato? Il solo pensiero mi fa
male al cuore.
-
Non starai seriamente considerando di farlo venire a casa con noi? – Hardin
passa le sue dita tra i capelli, un gesto che conosco e che indica
frustrazione.
-
Non a vivere o che… solo per stanotte. Possiamo cenare insieme – offro. Mio
padre alza lo sguardo e stabilisce un contatto visivo con me. Lo distolgo e lui
sorride.
-
Cena? Tessa, è un ubriaco del cazzo che non ti ha visto per quasi dieci anni… e
tu stai parlando di cucinargli la cena? –
Imbarazzata
dalla sua frase, lo prendo per il colletto, lo avvicino a me e parlo a bassa
voce. - Ѐ mio padre, Hardin. Non ho più contatti con mia madre –
-
Questo non significa che hai bisogno di averli con questo tizio. Non finirà
bene, Tessa. Sei troppo gentile con tutti quando non se lo meritano –
-
Per me è importante – gli dico e i suoi occhi si ammorbidiscono prima che possa
sottolineare l’ironia di ciò che ha detto.
Sospira
e scuote i capelli, frustrato. – Porca troia, Tessa, non finirà bene –
- Non sai come finirà, Hardin – sussurro e guardo
verso mio padre che si sta passando le dita nella barba. So che Hardin potrebbe
avere ragione, ma devo cercare di conoscere questo uomo o almeno sentire ciò
che ha da dire. Lo devo a me stessa.
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