giovedì 16 luglio 2015

Recensione: Lettera a un bambino mai nato


Buon pomeriggio lettori,
siete pronti per la rubrica del giovedì #gliintramontabili? Spero vivamente di si, perchè oggi andiamo a parlare di un libro super conosciutissimo. 
Per sapere cosa ne pensa il blog, continuate la lettura ;)



Lettera a un bambino mai nato è il lungo monologo di una donna single e lavoratrice che scopre di essere incinta. Il monologo è strutturato sotto forma di una lettera al bambino (o al feto) che sta crescendo nella sua pancia. Attraverso di essa la donna (di cui non si sa nulla) esprime i suoi dubbi sulla gravidanza, sulla vita, sul ruolo della donna in quanto donna in sé e in quanto madre. Sulla scena appaiono anche altri personaggi (un amica, il padre del bambino, due diversi dottori, il capo e i genitori della donna) che vengono presentati tutti attraverso le parole della protagonista e che rappresentano ognuno un punto di vista diverso sulla vita e sulla questione della maternità.



Lettera a un bambino mai nato è un libro scritto negli anni settanta eppure totalmente attuale che affronta il dibattito della vita e della maternità.
All’inizio del libro la protagonista appare entusiasta della gravidanza, e storce il naso davanti all’idea di abortire solo perché single e lavoratrice. Durante il corso del racconto, tuttavia, vediamo come in lei, inizialmente così sicura, inizino a sorge dubbi. I dubbi della donna sono dati soprattutto dalla necessità, secondo il suo dottore, di dover restare a riposo perché la gravidanza proceda tranquilla, necessità che lei rifiuta, sostenendo di dover pensare prima di tutto a se stessa, di non doversi piegare alla “tirannia” del bambino. E lei ci litiga con il bambino, chiamandolo padrone, ma non solo: lo mette in guardia dalle brutture e dai mali della vita, lo immagina crescere dentro la sua pancia, formarsi, finché il bimbo non cresce più. È a quel punto che inizia il vero punto cruciale del libro: un processo che si svolge tutto nella sua testa, in cui tutti gli altri personaggi non sono altro che versioni di lei stessa che l’accusano, la difendono e la perdonano per aver causato o meno volontariamente la morte del bambino (o del feto). E il bambino stesso, nella sua versione cresciuta, prende parola e accusa anch’esso la madre, la accusa di averlo ucciso senza volerlo uccidere, colpevole di non aver creduto abbastanza nella vita perché lui potesse crederci a sua volta, colpevole di averlo spinto, con i suoi racconti su quanto la vita sia triste e infelice, a suicidarsi; e poi la perdona.
Ma la protagonista si ribella, non vuole essere giudicata: non dal padre del bambino, non dai dottori, non dai genitori e nemmeno dal bambino.

Tu sei morto ma io sono viva.
Così viva che non mi pento, e non accetto processi,
non accetto verdetti, neanche il tuo perdono.

E poi è lei stessa a combattere tra la vita e la morte. Il feto (quel piccolo pesciolino che non era formato nemmeno la metà di quello che lei si immaginava) è rimasto troppo a lungo dentro di lei e ora la donna si trova in pericolo. E mentre combatte, attaccandosi alla vita che le è tanto cara, lo vede crescere al suo fianco, invecchiare con lei e immagina la vita che avrebbero potuto avere insieme. E infine, mentre si chiude il sipario, la donna trova la risposta a tutte le sue domande:

Tu sei morto. Forse muoio anch’io.
Ma non conta. Perché la vita non muore.

È brillante, la Fallaci, a porre domande così odierne e a tutt’oggi ancora motivo di polemica e a non dargli una risposta definita ma tante risposte, tanti punti di vista, tante soluzioni quante sono quelle delle persone. Perché non c’è una ragione e un torto, perché “la coscienza è fatta di molte coscienze”.
E quindi cos’è l’amore? Basta volere un figlio perché questo nasca? È giusto che una vita che già è vita si sacrifichi per una che forse lo sarà? Una donna incinta è prima madre e poi donna, o prima donna e poi madre? E la donna che decide di mettere prima se stessa è forse un’assassina verso il figlio non nato? Nasciamo per morire o per vivere?
Un libro che scava nella coscienza, che pone gli interrogativi giusti e che lo fa con impressionante delicatezza. Un libro in cui ogni donna può sentirsi rappresentata, che sia madre o no. Un libro che ogni donna dovrebbe leggere.

Avete letto anche voi questo splendido libro? Cosa ne pensate?
Fateci sapere, i tasti social sono a vostra disposizione per interagire con noi ;)

Federica

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