Hello everybody :)
Rieccoci di nuovo insieme per un nuovo appuntamento con la rubrica
#gliintramontabili. Quello di oggi è un libro un po particolare, diverso dal
solito e che forse non a tutti intrigherà ma se credete nella massima
ciceroniana “Historia magistra vitae” come la sottoscritta vedrete che questo
libro non vi dispiacerà ;)
- Titolo: Un giorno della mia vita
- Autore: Bobby Sands
- Numero pagine: 213
- Da leggere o no: Si tutta la vita !!!
- Link: http://www.lafeltrinelli.it/libri/bobby-sands/un-giorno-mia-vita/9788807813788
- Voto: 8
Il libro che andrete a leggere è fatto di pagine piene di
sofferenza e di dolore, di determinazione, coraggio e fede, che tramandano la
storia di Robert Gerard “Bobby” Sands e di quanti , come lui, hanno combattuto
per difendere il diritto divino della nazione irlandese all’indipendenza
sovrana dall’ establishment inglese. Quest’uomo ha incarnato la più alta forma
di amore che un uomo possa nutrire per la sua patria: la volontà di morire per
essa e per tutti i suoi connazionali, onorandola e servendola fino allo stremo
delle sue forze. Bobby infatti, nato a Belfast nel 1954 e militante dell’IRA
(Irish Republican Army) dagli anni ’70, fu recluso nel 1977 nel carcere di Long
Kesh, nell’Irlanda del Nord, famoso a causa dei terribili “Blocchi-H” da cui
era composto, e per tutto il periodo della sua detenzione, conclusasi nell’ 81 con
la sua morte combattè strenuamente per rimanere saldo nei suoi principi e non
tradire il suo popolo e la sua terra natale. La testimonianza che Bobby ci ha
lasciato è il racconto di un uomo distrutto nel corpo e nella dignità che
tuttavia non si è lasciato sopraffare dalla volontà disumanizzatrice dei suoi
carcerieri e che, come l’allodola di cui tanto amava il canto, è morto da uomo
libero.
“Sono stato privato
dei miei vestiti e rinchiuso in una cella fetida e vuota, dove mi hanno fatto
patire la fame, picchiato e torturato. Come l’allodola, anch’io ho paura che
alla fine possano uccidermi. Ma, oso dirlo, allo stesso modo della mia piccola
amica possiedo lo spirito di libertà, che non può essere soppresso neppure con
il più orrendo dei maltrattamenti. Certamente posso essere ucciso, ma, fintantoché
rimango vivo, resto quel che sono, un prigioniero politico di guerra, e nessuno
può cambiare questo.”
La vita nel carcere non è stata affatto facile, le dure
condizioni in cui i prigionieri versavano e la barbarie dei secondini di Long
Kesh hanno provato i detenuti nel corpo e nello spirito, ma essi hanno sempre
trovato la forza di sopravvivere grazie alle notizie che giungevano loro dal
mondo esterno, dalla conferma che fuori da quei bracci infernali il loro popolo
li sosteneva e combatteva con loro per la libertà; nel canto essi trovavano
pace e conforto e la tenacia che li muoveva li spingeva a tener duro, a non
soccombere, a sperare e ad immaginare il giorno in cui finalmente i loro figli
avrebbero avuto la rivincita sul governo inglese.
“Io
ho tanta speranza, davvero. Bisogna sempre sperare e non perdersi mai d'animo.
E la mia speranza sta nella vittoria finale della mia povera gente. Ci può
essere una speranza più grande di questa?”
Bobby e i suoi compagni hanno resistito nel carcere per vedersi
riconosciuti dei diritti fondamentali:
- Poter indossare i propri abiti
- Essere esentati dal lavoro nel carcere
- Potersi associare con gli altri prigionieri durante lo svago concessogli
- Poter ricevere visite e pacchi dai parenti una volta alla settimana
- Vedersi ridotta la pena
Diritti che non vennero mai loro
pienamente riconosciuti e che spinsero Bobby e altri suoi compagni a dare
inizio a diversi scioperi e proteste, da quello di non indossare le uniformi
del carcere a quello della fame, che causò la morte di ben 22 prigionieri, tra
cui lo stesso Bobby.
Questa storia mi ha molto
coinvolta e toccata perché ho sempre pensato che leggere di storie vere e
realmente accadute mi aiuti a comprendere meglio il mio oggi e a poter di
conseguenza impegnarmi, nel mio piccolo, per costruire un futuro migliore.
Perché sono convinta che il futuro sia nelle nostre mani, che possiamo
scegliere di essere chi vogliamo essere e come esserlo, che esempi come quello
di Bobby e dei suoi compagni non debbano cadere nel dimenticatoio ma anzi siano
resi noti e tramandati perché portino frutto.
“Ho sempre tratto insegnamento da quello che mi disse un uomo saggio, e
che cioè tutti devono fare la loro parte. Nessuna parte è troppo grande o
troppo piccola, nessuno è troppo vecchio o troppo giovane per fare qualcosa.”
Vorrei concludere, sperando di
avervi invogliato almeno un poco a leggere questo volume, citando una delle
parti che più mi ha colpito e che Bobby stesso annotò nel suo diario il 12
Marzo 1981, durante lo sciopero della fame.
“La prostrazione lentamente avanza e se il cuore è attivo il corpo
invece vuol fare il pigro. Così ho deciso di concentrare tutte le mie energie e
i miei pensieri per rafforzare la mia determinazione. E’ questa la cosa più importante.
Nient’altro sembra avere valore tranne il pensiero fisso, insistente,
ammonitore: “Non cedere mai!”. Non importa quanto sia orribile, nero, doloroso,
straziante, non cedere mai, non disperarti, non abbandonare la speranza. Lascia
che i bastardi ridano di te quanto vogliono, sghignazzino e beffeggino, lascia
che persistano con le loro umiliazioni, brutalità, degradazioni, vendette,
aggressività meschina, lascia che ridano, perché tutto ciò ora non ha più
importanza e non merita risposta. Questa è la mia ultima risposta a tutta
l’atrocità umana che chiamano Blocchi H. Ma al contrario delle loro risate di
scherno le nostre saranno risate di gioia per la vittoria del popolo; la nostra
vendetta sarà la liberazione di tutti e la sconfitta finale degli oppressori
della nostra vecchia patria.”
Ci vediamo al prossimo
appuntamento cari amici lettori, dubaaai :)
Sara
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