Buona domenica lettori!
Siete pronti all'aperture di febbraio? Grandi novità in arrivo e tantissimi libri che sono pronti ad aspettarci.
Insieme a tutti questi ci sarà la continua della serie "Fall away" di Penelope Douglas con il titolo italiano "Non riesco a dimenticarti" in uscita l'11 febbraio. Pronti a scoprire le prime pagine della storia?
La serie "Fall away" è composta da:
1- Mai per amore
1.5- Da quando ci sei tu
2- La mia meravigliosa rivincita
3- Non riesco a dimenticarti
4- Aflame
Trama: K.C. Carter si è cacciata nei guai con la legge e adesso è costretta a trascorrere l’estate nel paesino in cui è nata, Shelburne Falls, per adempiere ai servizi utili alla comunità: così ha ordinato il tribunale. Ma non è l’unica difficoltà a cui deve far fronte al suo arrivo: al nome di Jaxon Trent risponde il peggior tipo di tentazione che si possa immaginare, ed è esattamente ciò da cui K.C. è riuscita a stare lontana fin dai tempi del liceo. Lui però non l’ha mai dimenticata, anche perché è l’unica ragazza a non essere mai uscita con lui e ad avergli detto sempre di no. Jaxon è un tipo pericoloso sul serio, ma tra lui e K.C. l’attrazione è talmente forte che resistere diventa quasi impossibile…
Falling
Away
Prologo
K.C.
Tre
anni interi.
Avevo
avuto un ragazzo per tre anni interi, e lo stesso avevo più orgasmi quando
stavo da sola.
“Cavolo,
piccola, sei in forma.”
Il
suo sussurro addormentato lasciò il mio collo umidiccio, mentre trascinava le sue
labbra pigre sulla mia pelle.
Le valigie. Ecco cosa avevo dimenticato di aggiungere alla mia lista
di cose da fare domani.
Non
mi sarei mai dimenticata di fare la valigia per il college, ma tutto doveva
essere nella lista, così da essere segnato come fatto.
“Sei
così sexy.” Le labbra da pesce di Liam mi picchiettarono il collo in corti,
lenti bacetti. Una volta mi faceva ridacchiare, ma adesso mi fa più o meno
venire voglia di morderlo.
E una corsa in famacia, mi ricordai. Volevo
fare scorta di pillole, in modo da non dovermene preoccupare per un po’. Valigie e farmacia. Valigie e farmacia.
Valigie e farmacia. Non dimenticartelo, K.C.
Liam
ficcò i suoi fianchi in mezzo alle mie gambe, e io alzai gli occhi.
Eravamo
ancora vestiti, ma non ero sicura che lui lo avesse realizzato.
Se
non fossi stata così stanca avrei riso. Dopotutto mi ubriacavo raramente, e
quella sera lo feci solo perché era la festa di fine estate. E nonostante non
fossi mai stata sopraffatta da desideri sessuali, adoravo il fatto che provasse
a saltarmi addosso ad ogni occasione. Mi faceva sentire desiderata.
Ma
non sarebbe successo quella sera.
“Liam,”
grugnii, distorcendo le labbra mentre spostavo le sue mani appoggiate sul mio
seno. “Penso che sia tutto per stasera, ok? Chiudiamo l’auto e andiamo a casa a
piedi.”
Eravamo
dentro quell’auto da più di mezz’ora, io che tentavo di assecondare la sua
fantasia di fare sesso in un posto rischioso e lui che provava a… Miseria, non
so nemmeno che cosa stesse provando a fare.
Mi
sentivo in colpa per non essere molto coinvolta, ultimamente. Mi sentivo in
colpa per non averlo aiutato ad essere coinvolto, quella sera. E mi sentivo
incolpa per aggiungere mentalmente punti alla mia lista di cose da fare mentre
lui provava, parola chiave, provava,
a farmi eccitare.
Non
facevamo sesso da molto tempo, e non sapevo più quale fosse il mio problema.
Affondò
la testa sulla mia spalla, e io sentii il peso dei suoi ottanta chili
collassare sul mio corpo. Non si mosse, e io lasciai andare un sospiro,
rilassandomi sul sedile del passeggero della sua Camaro, mentre avvertito i
miei muscoli bruciare nel tentativo di sostenere tutto il suo peso corporeo.
Ci
aveva rinunciato. Grazie a Dio.
Ma
poi grugnii, rendendomi conto del fatto che il suo corpo era fermo da troppo
tempo, ad eccezione del suo respiro lento e delicato.
Fantastico. Era svenuto.
“Liam,”
sussurrai, non so bene perché, dal momento in cui eravamo completamente soli
nella sua auto in una stradina buia e calma, vicino a casa della mia amica Tate
Brandt.
Piegando
la testa, gli parlai all’orecchio che era quasi completamente coperto dai suoi
capelli biondi. “Liam, svegliati!” ansimai, dato che il suo peso stava
bloccando l’entrata di ossigeno nei miei polmoni.
Gemette,
ma non si mosse. Spostai di nuovo la testa sul poggiatesta del sedile e
digrignai i denti. Che cosa diavolo avrei fatto?
Quella
sera eravamo andati al Loop per l’ultima gara prima che ricominciasse il
college, e poi Tate e il suo ragazzo, Jared Trent, avevano organizzato una
festa a casa di lui che per caso si trovava accanto a quella di lei. Avevo
detto a mia madre che avrei dormito a casa della mia amica, anche se in realtà
avevo pianificato di passare la notte col mio ragazzo.
Che
era svenuto.
La
casa di Tate era chiusa a chiave, non avevo idea di come guidare l’auto di
Liam, e l’ultima cosa che avevo intenzione di fare era chiamare mia madre per
chiederle un passaggio.
Una
volta raggiunta la maniglia della portiera, la aprii, e trascinai la mia gamba
destra che si trovava sotto Liam. Mi spinsi contro il suo petto, sollevandolo
da me quanto bastava per permettermi di divincolarmi dal peso del suo corpo e
cadere fuori dall’auto. Lui grugnì, ma non aprì gli occhi, ed io mi domandai se
avessi dovuto preoccuparmi di quanto aveva bevuto.
Sporgendomi,
guardai il suo petto alzarsi e abbassarsi con movimenti tranquilli e regolari.
Raccolsi le chiavi che lui aveva lasciato cadere e la mia pochette col
telefono, e chiusi la porta sbattendola, chiudendo a chiave l’auto.
Liam
non viveva molto lontano da lì, e anche se sapevo che era pretendere molto, la
mia intenzione era quella di svegliare Tate. Sempre se Jared la stava lasciando
dormire.
Feci
scorrere le mani lungo il mio vestitino bianco senza spalline e mi trascinai
con calma sul ciglio della strada, un paio di sandali con diamanti sintetici ai
piedi. Ero fin troppo elegante per la gara in pista di poco prima, ma volevo
apparire carina alla festa. Era la mia ultima occasione per vedere molte di quelle
persone. Almeno per un po’.
Tenendo
stretta la mia piccolissima borsetta, piccola abbastanza per contenere solo il
mio telefono e qualche contante, mi trascinai stancamente verso il giardino
inclinato di Jared e gli scalini di fronte a casa sua. All’interno della casa
non c’erano luci accese, ma sapevo che c’erano ancora delle persone dentro, in
quanto la via era piena di auto che non di solito non c’erano e riuscivo a
sentire il suono basso della musica ancora accesa. Il testo recitava qualcosa
tipo “abbasso la malattia.”
Girai
il pomello, entrai in casa e passai attorno all’angolo per entrare in salotto.
E
mi fermai. Pietrificata. Ma che…?
La
stanza era buia, non una sola luce oltre al led blu dello schermo dello stereo.
Forse
c’erano altre luci accese in altre stanze della casa. Forse c’erano altre
persone. Non avrei saputo dirlo.
Tutto
quello che riuscii a fare era starmene fottutamente in piedi mentre i miei
occhi pungevano e con un nodo alla gola, alla vista di quel cazzo di Jaxon
Trent nudo sopra un’altra ragazza. Istantaneamente voltai lo sguardo e chiusi
gli occhi.
Jax. Scossi la testa. No.
Non mi importava di questo. Perché il mio cuore stava battendo così forte?
Jaxon
Trent era il fratello minore del ragazzo di Tate. Nulla più. Solo un ragazzino.
Un
ragazzino che mi guardava. Un ragazzino che raramente mi rivolgeva la parola.
Un ragazzino che si sentiva minacciato solo a stare in piedi accanto a me.
Un
ragazzino che non sembrava tale ogni giorno di più.
E
in quel momento lui si alzò appena per respirare. Mi girai di scatto verso la
porta in quanto non volevo che lui, o lei, mi vedessero, ma…
“Jax,”
sussultò la ragazza. “Di più. Ti prego.”
E
mi fermai, incapace di compiere un altro movimento. Vattene e basta, K.C. Non ti interessa.
Afferrai
il pomello della porta respirando velocemente, ma non mi mossi. Non riuscii a
muovermi.
Non
sapevo perché le mie mani si fossero immobilizzate.
Mordendomi
il labbro inferiore, avanzai lentamente verso l’angolo della stanza e vidi lui
e la ragazza.
Il
mio cuore pompava come un martello pneumatico dentro il petto. E faceva male.
La
ragazza, che non riconobbi come una della scuola, era completamente nuda,
sdraiata di pancia sul divano. Jax era steso sopra di lei, da dietro, e a
giudicare dai jeans che portava abbassati sotto il culo e dal modo in cui
spingeva col bacino, era dentro di lei.
Non
si era nemmeno preso la briga di spogliarsi completamente per fare sesso con
una ragazza. Non la guardava nemmeno in faccia. Non me ne sorpresi. Con
l’arroganza che mostrava a scuola, Jax poteva fare quello che voleva, e lo
faceva.
Si
reggeva su un solo braccio e usava l’altro per avvolgerlo attorno alla faccia
di lei, prendendole il viso dalla guancia e facendola voltare prima di
abbassarsi a coprirle la bocca con la sua.
Liam
non mi aveva mai baciata così. O io non lo avevo mai baciato così.
La
ragazza, lunghi capelli biondi che le avvolgevano il viso e si sparpagliavano
lungo le spalle, lo baciò con ardore, le loro mascelle si muovevano all’unisono
mentre la lingua e i denti di lui la stuzzicavano.
I
fianchi lisci e scolpiti di Jax affondarono dentro di lei in movimenti lenti e
studiati, mentre la sua mano lasciò che il viso di lei si piegasse
all’indietro, per poi scivolare sotto il suo corpo ad afferrarle un seno. Non
faceva una cosa alla volta. Tutto il suo corpo sembrava coinvolto nel momento,
e tutto quello che lui faceva sembrava perfetto.
E
perché non avrebbe dovuto? C’era una ragione se Jax era bramato dalle ragazze
della città, dopotutto. Era dolce, sicuro di sé, e bellissimo. Non era il mio
tipo, ma non si poteva negare che fosse sexy.
Stando
a Tate, era in parte Nativo Americano.
La
sua pelle era come il caramello, liscia, senza imperfezioni e dall’aspetto
caldo. I suoi capelli erano di un profondo castano, quasi neri, e li portava
lunghi fino a metà schiena. Spesso ne intrecciava alcune ciocche prima di
raccoglierli in una coda di cavallo, che portava tutto il tempo. Non lo avevo mai visto coi capelli sciolti.
Doveva
essere alto circa un metro e ottanta, e probabilmente avrebbe raggiunto e
superato mio fratello in altezza nel giro di pochissimo tempo. Avevo visto Jax
sul campo di lacrosse a scuola e nella palestra che entrambi frequentavamo. Le
curve dei suoi bicipiti e tricipiti erano flesse, mentre si sorreggeva sotto il
corpo della ragazza e affondava il suo corpo dentro quello di lei. Grazie alla
luce della luna che entrava dalla finestra, potevo vedere la V che i suoi
muscoli formavano sul suo torso, mentre scendevano verso gli addominali e più
in basso.
Non
spezzò il ritmo nemmeno mentre le sussurrava all’orecchio e, come se le fosse
stato dato un ordine, lei fece cadere il suo piede sul pavimento, piegò il
ginocchio e inarcò la schiena.
Jax
lasciò che la testa gli cadesse all’indietro mentre affondava in lei con più
profondità, e io li guardai, provocandomi distrattamente una cicatrice sul
polso.
Volevo
avere la stessa cosa. Volevo rimanere senza fiato come lei. Sussultante e
disperata. Appassionata e affamata.
Liam
mi aveva resa felice in passato, e quando fece un casino lo perdonai perché
pesavo che la nostra relazione ne valesse la pena.
Ma
in quel momento, dopo aver visto quel che avevo visto… Sapevo che ci stavamo
perdendo qualcosa.
Non
sapevo quando mi fosse uscita una lacrima, ma la sentii cadere sul mio vestito,
e sbattei le palpebre velocemente, sciugandomi il viso.
E
poi i miei occhi colsero qualcosa, e sbattei di nuovo le palpebre, notando
qualcun altro nella stanza.
Un’altra
ragazza, mezza nuda, in slip e reggiseno.
Traduzione a cura di
Valentina Deguidi
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